16. Quo proelio bellum Venetorum totiusque orae maritimae confectum est. Nam cum omnis iuventus, omnes etiam gravioris aetatis in quibus aliquid consilii aut dignitatis fuit eo convenerant, tum navium quod ubique fuerat in unum locum coegerant; quibus amissis reliqui neque quo se reciperent neque quem ad modum oppida defenderent habebant. Itaque se suaque omnia Caesari dediderunt. In quos eo gravius Caesar vindicandum statuit quo diligentius in reliquum tempus a barbaris ius legatorum conservaretur. Itaque omni senatu necato reliquos sub corona vendidit.

16. Questa battaglia pose fine alla guerra con i Veneti e con tutti i popoli della costa. Essendo infatti convenuti sul luogo dello scontro tutti i giovani e, oltre a questi, tutti coloro che, più anziani, godevano di autorità e prestigio, anche tutte le navi, che tenevano dislocate in vari porti, erano state concentrate nello stesso luogo. Perduta la flotta, i superstiti non sapevano dove rifugiarsi né come difendere le proprie città. Quindi si consegnarono a Cesare con tutti i loro averi. Cesare decise che bisognava punirli in maniera esemplare, affinché per il tempo a venire i barbari imparassero a rispettare l'immunità degli ambasciatori. Pertanto fece mettere a morte tutti i senatori e vendette all'asta gli altri.
   

17. Dum haec in Venetis geruntur, Q. Titurius Sabinus cum iis copiis quas a Caesare acceperat in fines Venellorum pervenit. His praeerat Viridovix ac summam imperii tenebat earum omnium civitatum quae defecerant, ex quibus exercitum [magnasque copias] coegerat; atque his paucis diebus Aulerci Eburovices Lexoviique, senatu suo interfecto quod auctores belli esse nolebant, portas clauserunt seque cum Viridovice coniunxerunt; magnaque praeterea multitudo undique ex Gallia perditorum hominum latronumque convenerat, quos spes praedandi studiumque bellandi ab agri cultura et cotidiano labore revocabat. Sabinus idoneo omnibus rebus loco castris sese tenebat, cum Viridovix contra eum duorum milium spatio consedisset cotidieque productis copiis pugnandi potestatem faceret, ut iam non solum hostibus in contemptionem Sabinus veniret, sed etiam nostrorum militum vocibus non nihil carperetur; tantamque opinionem timoris praebuit ut iam ad vallum castrorum hostes accedere auderent. Id ea de causa faciebat quod cum tanta multitudine hostium, praesertim eo absente qui summam imperii teneret, nisi aequo loco aut oportunitate aliqua data legato dimicandum non existimabat.

17. Mentre questo accadeva tra i Veneti, Quinto Titurio Sabino, con le truppe avute in consegna da Cesare, giunse nelle terre degli Unelli. Era loro capo Viridovice, che aveva anche il comando supremo di tutte le nazioni ribelli, tra le quali aveva reclutato l'esercito e raccolto truppe numerose. In quei pochi giorni, gli Aulerci, gli Eburovici e i Lessovi, uccisi i propri senatori, che si opponeva­no alla guerra, chiuse le porte delle città, si erano uniti a Viridovice. Si era radunata inoltre da ogni parte della Gallia una massa di disperati e malviventi, sottratti al lavoro dei campi e alla quotidiana fatica dalla speranza di preda e dal desiderio di guerra. Sabino si teneva al campo, che era situato in una posizione adatta ad ogni evenienza, mentre Viridovice, attestatosi a due miglia da lui, ogni giorno, schierate le truppe, lo provocava a battaglia, tanto che Sabino non solo si era attirato il disprezzo del nemico, ma non veniva risparmiato neanche dalle chiacchiere dei nostri soldati, dava a tal punto l'impressione di aver paura, che i nemici osavano ormai avvicinarsi al vallo del campo. Si comportava in questo modo perché riteneva che un legato, soprattutto in assenza del generale, dovesse venire a battaglia con preponderanti forze nemiche solo se in posizione favorevole o in circostanze vantaggiose.
   
18. Hac confirmata opinione timoris idoneum quendam hominem et callidum deligit, Gallum, ex iis quos auxilii causa secum habebat. Huic magnis praemiis pollicitationibusque persuadet uti ad hostes transeat, et quid fieri velit edocet. Qui ubi pro perfuga ad eos venit, timorem Romanorum proponit, quibus angustiis ipse Caesar a Venetis prematur docet, neque longius abesse quin proxima nocte Sabinus clam ex castris exercitum educat et ad Caesarem auxilii ferendi causa proficiscatur. Quod ubi auditum est, conclamant omnes occasionem negotii bene gerendi amittendam non esse: ad castra iri oportere. Multae res ad hoc consilium Gallos hortabantur: superiorum dierum Sabini cunctatio, perfugae confirmatio, inopia cibariorum, cui rei parum diligenter ab iis erat provisum, spes Venetici belli, et quod fere libenter homines id quod volunt credunt. His rebus adducti non prius Viridovicem reliquosque duces ex concilio dimittunt quam ab iis sit concessum arma uti capiant et ad castra contendant. Qua re concessa laeti, ut explorata victoria, sarmentis virgultisque collectis, quibus fossas Romanorum compleant, ad castra pergunt. 18. Quando vede che tutti erano ormai ben convinti del suo timore, sceglie tra le truppe ausiliarie che aveva con sé un Gallo, un uomo capace ed astuto, che persuade con la promessa di grandi ricompense a passare dalla parte del nemico, spiegandogli il suo piano. Questi, giunto al loro accampamento come un disertore, parla della paura dei Romani, informa delle difficoltà in cui Cesare stesso si dibatteva a causa della guerra con i Veneti, rivela che è molto probabile che la notte seguente Sabino conduca di nascosto l'esercito fuori dal campo per recarsi in aiuto di Cesare. Udite queste notizie, tutti gridano che non bisogna lasciarsi scappare un'occasione così favorevole e che bisogna marciare sul campo. Molti motivi spingevano i Galli a prendere questa decisione: l'esitazione mostrata da Sabino nei giorni precedenti, la testimonianza del disertore, la mancanza di viveri, di cui per imprevidenza non avevano fatto scorte sufficienti, la speranza di un esito della guerra favorevole ai Veneti, e infine la tendenza degli uomini a credere in ciò che desiderano. Spinti da questi motivi, non permettono a Viridovice e agli altri capi di allontanarsi dall'assemblea prima che sia stato loro concesso di armarsi e muovere contro l'accampamento. Ottenuto il permesso, contenti come se già avessero vinto, raccolte fascine e legname col quale riempire il fossato, muovono contro il campo romano.
   
19. Locus erat castrorum editus et paulatim ab imo acclivis circiter passus mille. Huc magno cursu contenderunt, ut quam minimum spatii ad se colligendos armandosque Romanis daretur, exanimatique pervenerunt. Sabinus suos hortatus cupientibus signum dat. Impeditis hostibus propter ea quae ferebant onera subito duabus portis eruptionem fieri iubet. Factum est oportunitate loci, hostium inscientia ac defatigatione, virtute militum et superiorum pugnarum exercitatione, ut ne unum quidem nostrorum impetum ferrent ac statim terga verterent. Quos impeditos integris viribus milites nostri consecuti magnum numerum eorum occiderunt; reliquos equites consectati paucos, qui ex fuga evaserant, reliquerunt. Sic uno tempore et de navali pugna Sabinus et de Sabini victoria Caesar est certior factus, civitatesque omnes se statim Titurio dediderunt. Nam ut ad bella suscipienda Gallorum alacer ac promptus est animus, sic mollis ac minime resistens ad calamitates ferendas mens eorum est. 19. L'accampamento si trovava su un'altura alla quale si accede­va per un lieve pendio di circa mille passi. Per non dare ai Romani il tempo di armarsi e organizzare la difesa, i nemici vi si diressero a passo di corsa e vi giunsero senza fiato. Sabino, incitati i suoi che non aspettavano altro, dà il segnale dell'attacco. Ordina che si faccia in fretta una sortita da due porte per cogliere i nemici impacciati dai pesi che portavano. La posizione favorevole, l'inesperienza e la stanchezza dei nemici, il valore dei nostri soldati e l'esperienza acquisita nelle precedenti battaglie fecero sì che i nemici non riuscissero a sostenere nemmeno uno dei nostri assalti e subito volgessero le spalle. I nostri soldati, freschi di forze, li inseguirono impacciati com'erano e ne fecero strage; la cavalleria insegui i superstiti lasciandosene sfuggire pochissimi. Così, contemporaneamente, Sabino ricevette la notizia della battaglia navale e Cesare quella della vittoria di Sabino, ed immediatamente tutte le nazioni che si erano ribellate si arresero a Titurio. I Galli, infatti, come per istinto sono entusiasti e pronti ad attaccar guerra, così la loro volontà è debole e priva di fermezza nel sopportare la disfatta.
   
20. Eodem fere tempore P. Crassus, cum in Aquitaniam pervenisset, quae [pars], ut ante dictum est, [et regionum latitudine et multitudine hominum] tertia pars Galliae est [aestimanda], cum intellegeret in iis locis sibi bellum gerendum ubi paucis ante annis L. Valerius Praeconinus legatus exercitu pulso interfectus esset atque unde L. Manlius proconsul impedimentis amissis profugisset, non mediocrem sibi diligentiam adhibendam intellegebat. Itaque re frumentaria provisa, auxiliis equitatuque comparato, multis praeterea viris fortibus Tolosa et Carcasone et Narbone, quae sunt civitates Galliae provinciae finitimae, ex his regionibus nominatim evocatis, in Sotiatium fines exercitum introduxit. Cuius adventu cognito Sotiates magnis copiis coactis, equitatuque, quo plurimum valebant, in itinere agmen nostrum adorti primum equestre proelium commiserunt, deinde equitatu suo pulso atque insequentibus nostris subito pedestres copias, quas in convalle in insidiis conlocaverant, ostenderunt. Hi nostros disiectos adorti proelium renovarunt. 20. Quasi nello stesso periodo, Publio Crasso era giunto in Aquitania, regione che, come si è detto, deve essere considerata per estensione e densità di popolazione la terza parte della Gallia. Ben sapendo di dover condurre la guerra nello stesso paese in cui pochi anni prima il legato Lucio Valerio Preconino era stato vinto .ed ucciso e dal quale il proconsole Lucio Manlio era dovuto fuggire dopo aver perduto le salmerie, si rendeva conto di dover operare con grande accortezza. Fece quindi rifornimento di frumento, si procurò truppe ausiliarie e cavalleria, convocò inoltre individualmente molti uomini valorosi da Tolosa e Narbona - città della provincia di Gallia confinanti con quelle regioni - e condusse l'esercito nei territori dei Soziati. I Soziati, saputo del loro arrivo, radunate ingenti truppe e mandata avanti la cavalleria, che era il loro punto di forza, assalirono il nostro esercito in marcia, impegnando dapprima un combattimento equestre. Poi, mentre la loro cavalleria, messa in fuga, veniva inseguita dalla nostra, improvvisamente schierarono la fanteria che avevano tenuto in agguato in un vallone. Questa assalì i nostri che si trovavano sparpagliati e riaccese la mischia.