6. Qua consuetudine cognita Caesar, ne graviori bello, occurreret, maturius quam consuerat ad exercitum proficiscitur. Eo cum venisset, ea quas fore suspicatus erat facta cognovit: missas legationes ab non nullis civitatibus ad Germanos invitatos eos uti ab Rheno discederent: omnia quae[que] postulassent ab se fore parata. Qua spe adducti Germani latius iam vagabantur et in fines Eburonum et Condrusorum, qui sunt Treverorum clientes, pervenerant. Principibus Gallice evocatis Caesar ea quae cognoverat dissimulanda sibi existimavit, eorumque animis permulsis et confirmatis equitatu imperato bellum cum Germanis gerere constituit.

6. Cesare, conoscendo questa abitudine, per non trovarsi di fron­te a una guerra di più vaste dimensioni, partì per raggiungere l'esercito prima di quanto fosse solito fare. Appena giunto, seppe che era accaduto ciò che aveva sospettato: non poche nazioni avevano inviato ambascerie ai Germani invitandoli a lasciare le regioni renane, con l'impegno da parte loro di rifornirli di tutto quanto avessero richiesto. I Germani, attratti da queste promesse, si erano già spinti più lontano ed erano giunti nelle terre degli Eburoni e dei Condrusi, clienti dei Treviri . Cesare, convocati i capi della Gallia, ritenne di non dover rivelare quanto aveva appreso: dopo averli blanditi e rassicurati, ordinò loro di fornirgli la cavalleria e stabilì di far guerra ai Germani.
   
7. Re frumentaria comparata equitibusque delectis iter in ea loca facere coepit, quibus in locis esse Germanos audiebat. A quibus cum paucorum dierum iter abesset, legati ab iis venerunt, quorum haec fuit oratio: Germanos neque priores populo Romano bellum inferre neque tamen recusare, si lacessantur, quin armis contendant, quod Germanorum consuetudo [haec] sit a maioribus tradita, Quicumque bellum inferant, resistere neque deprecari. Haec tamen dicere venisse invitos, eiectos domo; si suam gratiam Romani velint, posse iis utiles esse amicos; vel sibi agros attribuant vel patiantur eos tenere quos armis possederint: sese unis Suebis concedere, quibus ne di quidem immortales pares esse possint; reliquum quidem in terris esse neminem quem non superare possint. 7. Raccolte le scorte di grano ed arruolata la cavalleria, si mise in marcia verso le regioni in cui aveva saputo che si trovavano i Germani. Era a pochi giorni di marcia da loro, quando gli si presentarono degli ambasciatori, che gli rivolsero questo discorso: i Germani non intendevano attaccare il popolo romano, ma non si sarebbero rifiutati di rispondere con le armi se fossero stati provocati, perché questo era il costume tramandato ai Germani dagli avi: all'aggressore si oppone resistenza, non suppliche. Dichiaravano tuttavia di essere venuti contro la loro volontà, scacciati dalla patria; se i Romani desideravano la loro amicizia, avrebbero potuto essere per loro degli utili alleati; assegnassero loro dei territori, oppure li lasciassero in quelli che avevano conquistato con le armi; essi cedevano soltanto agli Svevi, che neanche gli dèi immortali potevano uguagliare, ma non c'era nessun altro sulla terra che non potessero vincere.
   
8. Ad haec Caesar quae visum est respondit; sed exitus fuit orationis: sibi nullam cum iis amicitiam esse posse, si in Gallia remanerent; neque verum esse, qui suos fines tueri non potuerint alienos occupare; neque ullos in Gallia vacare agros qui dari tantae praesertim multitudini sine iniuria possint; sed licere, si velint, in Ubiorum finibus considere, quorum sint legati apud se et de Sueborum iniuriis querantur et a se auxilium petant: hoc se Ubiis imperaturus. 8. Cesare rispose come ritenne opportuno, ma concluse dicendo che, se fossero rimasti in Gallia non sarebbe stata possibile tra loro nessuna alleanza; non era giusto che chi non aveva saputo difendere le proprie terre occupasse quelle degli altri, né vi erano in Gallia territori da evacuare e da assegnare, specialmente ad una tale moltitudine di uomini, senza far torto a qualcuno; ma potevano, se volevano, stabilirsi nel territorio degli Ubi, i cui ambasciatori erano presso di lui per lamentarsi dei soprusi degli Svevi e chiedergli aiuto: avrebbe dato ordine lui stesso agli Ubi di accoglierli.
   
9. Legati haec se ad suos relaturos dixerunt et re deliberata post diem tertium ad Caesarem reversuros: interea ne propius se castra moveret petierunt. Ne id quidem Caesar ab se impetrari posse dixit. Cognoverat enim magnam partem equitatus ab iis aliquot diebus ante praedandi frumentandi causa ad Ambivaritos trans Mosam missam: hos expectari equites atque eius rei causa moram interponi arbitrabatur. 9. Gli ambasciatori risposero che avrebbero riferito e sarebbero tornati da Cesare dopo tre giorni con la risposta. Chiesero che, nell'attesa, non avanzasse oltre. Cesare rispose di non poter fare neanche questa concessione. Aveva infatti saputo che alcuni giorni prima gran parte della cavalleria era stata mandata oltre la Mosa, presso gli Ambivariti, per far razzia e provvedersi di grano; riteneva che stessero cercando di guadagnar tempo proprio in attesa del suo ritorno.
   
10. Mosa profluit ex monte Vosego, qui est in finibus Lingonum, et parte quadam ex Rheno recepta, quae appellatur Vacalus insulam efficit Batavorum, in Oceanum influit neque longius ab Oceano milibus passuum LXXX in Rhenum influit. Rhenus autem oritur ex Lepontiis, qui Alpes incolunt, et longo spatio per fines Nantuatium, Helvetiorum, Sequanorum, Mediomatricorum, Tribocorum, Treverorum citatus fertur et, ubi Oceano adpropinquavit, in plures diffluit partes multis ingentibus insulis effectis, quarum pars magna a feris barbaris nationibus incolitur, ex quibus sunt qui piscibus atque ovis avium vivere existimantur, multis capitibus in Oceanum influit.] 10. La Mosa nasce dai Vosgi, nel paese dei Lingoni e, dopo aver ricevuto un braccio del Reno chiamato Vacalo, dà origine all'isola dei Batavi, per gettarsi poi nel Reno a non più di ottanta miglia dall'Oceano. Il Reno, invece, nasce nel paese dei Leponti, abitanti delle Alpi, e per un lungo tratto passa con rapido corso attraverso i territori dei Nemeti, Elvezi, Sequani, Mediomatrici, Triboci e Treviri; avvicinandosi all'Oceano, si divide in diversi bracci, formando molte grosse isole, abitate da genti barbare e selvagge, alcune delle quali si dice vivano di pesci e uova di volatili. Le diverse diramazioni sfociano poi nell'Oceano.