31. Ambiorix copias suas iudicione non conduxerit, quod proelio dimicandum non existimarit, an tempore exclusus et repentino equitum adventu prohibitus, cum reliquum exercitum subsequi crederet, dubium est. Sed certe dimissis per agros nuntiis sibi quemque consulere iussit. Quorum pars in Arduennam silvam, pars in continentes paludes profugit; qui proximi Oceano fuerunt, his insulis sese occultaverunt, quas aestus efficere consuerunt: multi ex suis finibus egressi se suaque omnia alienissimis crediderunt. Catuvolcus, rex dimidiae partis Eburonum, qui una cum Ambiorige consilium inierat, aetate iam confectus, cum laborem aut belli aut fugae ferre non posset, omnibus precibus detestatus Ambiorigem, qui eius consilii auctor fuisset, taxo, cuius magna in Gallia Germaniaque copia est, se exanimavit. 31. Non si sa se Ambiorige non avesse radunato le sue truppe di proposito, perché non riteneva di dover attaccare, o se non ne abbia avuto il tempo per l'improvviso arrivo della cavalleria, che credeva seguita dal resto dell'esercito. E certo comunque che egli inviò messaggeri nelle campagne con l'ordine di pensare ciascuno alla propria salvezza. Una parte della popolazione si rifugiò nella foresta delle Ardenne, un'altra nelle vicine paludi. Quelli che si trovavano vicini all'Oceano si nascosero nelle isole che si formano di solito con la marea. Molti, abbandonati i propri territori affidarono se stessi e tutti i loro averi a genti del tutto estranee. Catuvolco, il re di una metà degli Eburoni, che insieme ad Ambiorige era stato fautore della rivolta, ormai vecchio, non potendo sostenere le fatiche della guerra o della fuga, si tolse la vita con una pozione ricavata dal tasso un albero molto diffuso in Gallia e in Germania, dopo aver invocato ogni maledizione su Ambiorige, l'autore del piano.
   
32. Segni Condrusique, ex gente et numero Germanorum, qui sunt inter Eburones Treverosque, legatos ad Caesarem miserunt oratum, ne se in hostium numero duceret neve omnium Germanorum, qui essent citra Rhenum, unam esse causam iudicaret: nihil se de bello cogitavisse, nulla Ambiorigi auxilia misisse. Caesar explorata re quaestione captivorum, si qui ad eos Eburones ex fuga convenissent, ad se ut reducerentur, imperavit; si ita fecissent, fines eorum se violaturum negavit. Tum copiis in tres partes distributis impedimenta omnium legionum Aduatucam contulit. Id castelli nomen est. Hoc fere est in mediis Eburonum finibus, ubi Titurius atque Aurunculeius hiemandi causa consederant. Hunc cum reliquis rebus locum probabat, tum quod superioris anni munitiones integrae manebant, ut militum laborem sublevaret. Praesidio impedimentis legionem quartamdecimam reliquit, unam ex eis tribus, quas proxime conscriptas ex Italia traduxerat. Ei legioni castrisque Quintum Tullium Ciceronem praeficit ducentosque equites attribuit. 32. 1 Segni e i Condursi, della stirpe e nel novero delle popolazioni germaniche, stanziati tra gli Eburoni e i Treviri, mandarono ambasciatori a Cesare per pregarlo di non volerli considerare nemici e di non credere che tutti i Germani stanziati al di qua del Reno avessero abbracciato la stessa causa: essi non gli erano mai stati ostili e non avevano mai mandato aiuti ad Ambiorige. Cesare, verificata la cosa interrogando i prigionieri, ordinò loro di consegnargli gli Eburoni fuggiaschi che si fossero eventualmente rifugiati presso di loro; se avessero obbedito, non avrebbero invaso i loro territori. Quindi, suddiviso l'esercito in tre parti, fece portare tutte le salmerie ad Atuatuca: è questo il nome della fortezza, situata quasi al centro del territorio degli Eburoni, dove avevano posto i quartieri d'inverno Titurio e Aurunculeio. Oltre che per altri motivi, il luogo gli sembrava idoneo, perché le fortificazioni costruite l'anno precedente erano rimaste intatte, la qual cosa avrebbe risparmiato fatica ai soldati. Lasciò di guardia alle salmerie la legione, una delle tre che, arruolate di recente, aveva condotto dall'Italia. Affidò il comando della legione e dell'accamPamento a Quinto Tullio Cicerone, assegnandogli anche duecento cavalieri.
   
33. Partito exercitu Titum Labienum cum legionibus tribus ad Oceanum versus in eas partes quae Menapios attingunt proficisci iubet; Gaium Trebonium cum pari legionum numero ad eam regionem quae ad Aduatucos adiacet depopulandam mittit; ipse cum reliquis tribus ad flumen Scaldem, quod influit in Mosam, extremasque Arduennae partis ire constituit, quo cum paucis equitibus profectum Ambiorigem audiebat. Discedens post diem septimum sese reversurum confirmat; quam ad diem ei legioni quae in praesidio relinquebatur deberi frumentum sciebat. Labienum Treboniumque hortatur, si rei publicae commodo facere possint, ad eum diem revertantur, ut rursus communicato consilio exploratisque hostium rationibus aliud initium belli capere possint. 33. Suddiviso l'esercito, ordina a Tito Labieno di muovere con tre legioni in direzione dell'Oceano, nelle regioni che confinano con il paese dei Menapi, manda Gaio Trebonio con lo stesso numero di legioni a devastare le terre adiacenti a quelle degli Atuatuci, egli stesso stabilisce di marciare con le altre tre legioni verso il fiume Schelda, affluente della Mosa, e verso l'estremo margine delle Ardenne, dove si diceva fosse diretto Ambiorige con pochi cavalieri. Al momento di partire annuncia che sarebbe stato di ritorno da lì a sette giorni, in tempo per la data fissata per la fornitura di frumento alle legioni lasciate di presidio ad Atuatuca. Invita Labieno e Trebonio a ritornare, se fosse stato possibile senza danno per la conduzione generale dell'impresa, nello stesso giorno, per poter dare inizio a una nuova campagna, dopo essersi consultati di nuovo e aver vagliato le intenzioni del nemico.
   
34. Erat, ut supra demonstravimus, manus certa nulla, non oppidum, non praesidium, quod se armis defenderet, sed in omnes partes dispersa multitudo. Vbi cuique aut valles abdita aut locus silvestris aut palus impedita spem praesidi aut salutis aliquam offerebat, consederat. Haec loca vicinitatibus erant nota, magnamque res diligentiam requirebat non in summa exercitus tuenda (nullum enim poterat universis perterritis ac dispersis periculum accidere), sed in singulis militibus conservandis; quae tamen ex parte res ad salutem exercitus pertinebat. Nam et praedae cupiditas multos longius evocabat, et silvae incertis occultisque itineribus confertos adire prohibebant. Si negotium confici stirpemque hominum sceleratorum interfici vellet, dimittendae plures manus diducendique erant milites; si continere ad signa manipulos vellet, ut instituta ratio et consuetudo exercitus Romani postulabat, locus ipse erat praesidio barbaris, neque ex occulto insidiandi et dispersos circumveniendi singulis deerat audacia. Vt in eiusmodi difficultatibus, quantum diligentia provideri poterat providebatur, ut potius in nocendo aliquid praetermitteretur, etsi omnium animi ad ulciscendum ardebant, quam cum aliquo militum detrimento noceretur. Dimittit ad finitimas civitates nuntios Caesar: omnes ad se vocat spe praedae ad diripiendos Eburones, ut potius in silvis Gallorum vita quam legionarius miles periclitetur, simul ut magna multitudine circumfusa pro tali facinore stirps ac nomen civitatis tollatur. Magnus undique numerus celeriter convenit. 34. Non vi erano, come abbiamo già detto, reparti regolari di forze nemiche, né città fortificate, né presidi che si difendessero con le armi, ma una,moltitudine dispersa in ogni luogo: ciascuno aveva trovato rifugio dove una valle nascosta o una zona boscosa o una palude di difficile accesso offriva una qualche speranza di difesa e salvezza. Queste località erano ben note a coloro che abitavano la zona e la situazione richiedeva la massima prudenza, non tanto per la salvaguardia dell'esercito nel suo complesso - quelle genti disperse ed atterrite non potevano infatti costituire un pericolo per un esercito unito - quanto per la sicurezza di ogni singolo soldato, la qual cosa riguardava, in parte, la sicurezza dell'intero esercito. Infatti, mentre il desiderio di far preda induceva molti dei nostri soldati a spingersi lontano; le foreste, con i loro sentieri nascosti e malsicuri, impedivano loro di muoversi in gruppi consistenti. Se si voleva venire a capo della faccenda e sterminare quella stirpe di uomini scellerati, bisognava frazionare le truppe in diversi manipoli e inviarli separatamente; se invece si voleva far avanzare i manipoli compatti sotto le insegne, secondo le regole in uso nell'esercito romano, il luogo stesso fungeva da presidio per barbari, né mancava loro l'audacia, in piccoli gruppi com'erano, tendere imboscate e circondare i soldati dispersi. In una situazione così difficile, tutto ciò che con la prudenza si poteva fare, veniva fatto, preferendo piuttosto rinunciare talvolta all'offensiva, nonostante vi fosse in tutti un grandissimo desiderio di vendetta, che condurla a rischio di perdite da parte nostra. Cesare invia messaggeri alle nazioni confinanti, chiamando tutti a saccheggiare le terre degli Eburoni, con la speranza di far bottino, nell'intento di far rischiare la vita nelle foreste ai Galli piuttosto che ai legionari, e per sterminare e cancellare, con un tale afflusso di forze, anche il nome di quella nazione che si era macchiata di un così grave delitto. Ben presto una gran massa di uomini accorre da ogni parte.
   
35. Haec in omnibus Eburonum partibus gerebantur, diesque appetebat septimus, quem ad diem Caesar ad impedimenta legionemque reverti constituerat. Hic quantum in bello fortuna possit et quantos adferat casus cognosci potuit. Dissipatis ac perterritis hostibus, ut demonstravimus, manus erat nulla quae parvam modo causam timoris adferret. Trans Rhenum ad Germanos pervenit fama, diripi Eburones atque ultro omnes ad praedam evocari. Cogunt equitum duo milia Sugambri, qui sunt proximi Rheno, a quibus receptos ex fuga Tencteros atque Vsipetes supra docuimus. Transeunt Rhenum navibus ratibusque triginta milibus passuum infra eum locum, ubi pons erat perfectus praesidiumque ab Caesare relictum: primos Eburonum fines adeunt; multos ex fuga dispersos excipiunt, magno pecoris numero, cuius sunt cupidissimi barbari, potiuntur. Invitati praeda longius procedunt. Non hos palus in bello latrociniisque natos, non silvae morantur. Quibus in locis sit Caesar ex captivis quaerunt; profectum longius reperiunt omnemque exercitum discessisse cognoscunt. Atque unus ex captivis "Quid vos," inquit, "hanc miseram ac tenuem sectamini praedam, quibus licet iam esse fortunatissimos? Tribus horis Aduatucam venire potestis: huc omnes suas fortunas exercitus Romanorum contulit: praesidi tantum est, ut ne murus quidem cingi possit, neque quisquam egredi extra munitiones audeat." Oblata spe Germani quam nacti erant praedam in occulto relinquunt; ipsi Aduatucam contendunt usi eodem duce, cuius haec indicio cognoverant. 35. Mentre questo accadeva dappertutto nel territorio degli Eburoni, si avvicinava il settimo giorno, cioè la data fissata da Cesare per il suo ritorno presso le salmerie e la legione. In questa circo­stanza si poté constatare quanto sia grande in guerra il potere della Fortuna e quanti inopinabili avvenimenti essa provochi. Sbaragliati e atterriti i nemici nel modo che abbiamo detto, non vi erano truppe che potessero dare il benché minimo motivo di preoccupazione. La notizia che le terre degli Eburoni venivano saccheggiate e che tutti erano invitati a far bottino giunse fino ai Getmani al di là del Reno. I Sugambri, i più vicini al Reno, presso i quali, come abbiamo già detto, si erano rifugiati i Tencteri e gli Usipeti in fuga, raccolgono duemila cavalieri, e attraversato il Reno su zattere e imbarcazioni, trenta miglia  a valle del punto in cui Cesare aveva fatto costruire il ponte e aveva lasciato la guarnigione.. Raggiungono le terre di confine degli Eburoni, raccolgono molti uomini dispersi e in fuga, e si impadroniscono di gran quantità di capi di bestiame, preda ambitissima dai barbari. Attirati dalla preda, si spingono più avanti. Paludi e foreste non fermano questi uomini nati per la guerra e la razzia. Domandano ai prigionieri dove si trovi Cesare e vengono a sapere che si è diretto in paesi lontani e che tutto l'esercito si è allontanato. Allora, uno dei prigionieri «Perché», disse, «andate in cerca di un bottino così misero e privo di valore, quando potete già essere ricchissimi? In tre ore potete raggiungere Atuatuca, dove sono raccolti tutti gli averi dell'esercito romano; la guarnigione è così esigua che non riesce neppure a presidiare il circuito delle mura, e nessuno osa uscire dalle fortificazioni». I Germani, di fronte a una tale prospettiva, lasciano nascosta la preda già conquistata e, guidati dalla stessa persona che aveva fornito l'informazione, puntano su Atuatuca.