X. [Pompeo ed il soldato]


quanto sia difficile conoscere l’uomo

Un soldato di Pompeo Magno di grossa corporatura
parlando fiaccamente e camminando mollemente
aveva creato la fama di sicurissimo invertito.
Costui di notte avendo teso una trappola i giumenti
del generale portò via i muli con vestiario ed oro e
gran quantità di argento. La diceria sparge il fatto;
si accusa il soldato, si porta in pretorio.
Allora il Grande: “Che dici? Tu, commilitone, hai osato

spogliarmi?” Egli subito si sputa sulla sinistra
e sparge lo sputo con le dita:
”Così, generale, i miei occhi gocciolino,
se vidi o toccai.” Allora l’uomo di animo schietto
ordina che si cacci quella vergogna dell’accampamento,
e non crede che così grande audacia cada su di lui.
Passò breve tempo, e fidandosi del braccio
un barbaro provocava uno dei nostri.
Ognuno temette per sé; già i capi tentennavano per primi.
Finalmente l’invertito nell’aspetto, ma Un Marte per forze,
si presenta al comandante che siede sulla tribuna;
e con voce delicata:”E’ permesso?”, ma il Grande ordina,
 perché in situazione terribile,  stizzendosi di cacciarlo.
Allora un anziano tra gli amici del capo:
”Io penso che sia meglio che si affidi costui alla sorte;

ed in questo la perdita è leggera, che un uomo forte,
che per caso vinto ti accuserebbe di temerarietà.”
Acconsemtì il Grande e permise al soldato
di uscire contro; ed egli, mentre l’esercito osservava,
più velocemente di quanto si dica, tagliò la testa del nemico;
e ritornò vincitore. Allora su queste cose Pompeo:
”Volentieri, soldato, certamente di dono la corona,
poiché vendicasti l’onore del potere romano;
ma gocciolino così, disse, i miei occhi,
imitando quel brutto giuramento del soldato,
se tu poco fa non rubasti i miei bauli.”