IV. L’aquila, la gatta ed il cinghiale


L’aquila aveva fatto il nido sull’alta quercia;
la gatta, raggiunta una cavità nel mezzo, aveva partorito;
la scrofa selvatica aveva posto il parto in basso.
Allora la gatta così cambiò il fortuito condominio
con frode e malvagia malizia.
Sale al nido del volatite: “La disgrazia, disse,
viene preparata a te, forse anche a me misera.
infatti, poiché quotidianamente vedi che la cinghiala
insidiosa scava la terra, vuole scalzare la quercia,
per uccidere facilmente in terra la nostra prole.
Sparso il terrore e turbati i sentimenti
sgattaiolò alla tana della setolosa suina;
”In grave pericolo, disse, sono i tuoi figli.
Infatti appena sarai uscita a pascolare con la tenera cucciolata,
 l’aquila è pronta a rubarti i porcellini”.
Dopo che riempì di paura anche questo luogo,
l’ingannatrice si nascse nella sicura cavità:
di lì uscendo di notte con passo felpato,  
come ebeb saziato sé e la sua prole,
simulando paura guarda per tutto il giorno.
Temendo la rovina l’aquila ristette sui rami:
la cinghiala evitando la rapina non esce fuori.
Perché (dire) molte cose? Furono rovinati dalla fame con i loro, e la gatta aveva procurato ai cuccioli abbondante banchetto. Quanto di male spesso ciancerà un uomo dalla doppia lingua, di qui la stolta credulità può avere una prova.