Tacere è un tormento, parlare una pena.
Essendosi creato re delle fiere il leone,
e volendo raggiungere la fama di equità,
sviò dalla antica abitudine,
e tra quelle contento di poco cibo
rendeva i sacri diritti con incorrotta lealtà.
Dopo che cominciò a vacillare per pentimento
e non poetndo mutare natura, cominciò a chiamare alcuni e con inganno
chiedere se gli puzzasse la bocca. Quelli che dicevano “puzza” e che
dicevano “ Non puzza”, li sbranava tuttavia tutti, così che era
saziato di sangue. Avendo fatto questo a molti, poi interrogava la scimmia
se avesse puzzo in bocca. Egli disse che odorava quasi di cinnamomo e
quasi degli altari degli dei. Il leone
arrossì per l’adulatore, ma per ingannare, cambiò lealtà e
cercò l’inganno e
si fingeva languire.
Subito vennero i medici; e questi, come toccarono le vene e videro il
polso sano, lo persuasero a prendere del cibo che fosse leggero e levasse
il fastidio per la digestione, come tutte le cose sono lecite ai re.
”Mi è ignota, disse, la carne di scimmia; vorrei provarla.” Come parlò,
subito la benparlante scimmia viene uccisa, perché presto prendesse la
sua carne come cibo.
Unica è infatti la pena di chi parla e di chi non parla.
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