VII. Fedro


Tu che, o nasuto, distruggi i miei scritti,
e ti infastidisci a leggere questo genere di scherzi,
sopporta il libretto con piccola pazienza,
mentre placo la serietà della tua fronte
ed Esopo esce in coturni nuovi:
”Oh se mai sul giogo del bosco Pelio
il pino tessalo non fosse mai caduto per la dipenne,
né Argo avesse fabbricato la zattera per opera di Pallade
per l’audace via della morte dichiarata,
che per peima aprì i golfi del Ponto inospitale
a danno dei Grai e dei barbari.
Infatti la casa del superbo Eeta piange
ed i regni di Pelia giacciono per il delitto di Medea,
che, movendo il crudele ingegno in vari modi,
di lì attraverso le membra del fratello spiegò la fuga,
qui insudiciò lemani dei Pleiadi con la strage del padre.”
Che ti pare? “Anche questo è insulso”, dice,
e detto falsamente, poiché il molto più antico Minasse
con flotta egea domò i flutti,
e vendicò l’esempio del giusto impero.”
Che dunque posso fare per te, ettore Catone,
se né le favole né le favolette ti piacciono?
Non essere totalmente avverso alle lettere,
che non ti diano maggiore avversione.
Questo (fu) detto per quelli che per stoltezza si disgustatno
e, perché siano giudicati aver gusto, biasimano il cielo.