Universo infinito

Giordano Bruno: il filosofo dell'infinito

"Giovedì mattina in Campo di Fiore fu abbrugiato vivo quello scelerato frate dominichino da Nola, di che si scrisse con le passate: eretico obstinatissimo, ed avendo di suo capriccio formati diversi dogmi contro la nostra fede, ed in particolare contro la SS. Vergine ed i Santi, volse obstinatamente morire in quelli lo scelerato; e diceva che moriva martire e volentieri, e che se ne sarebbe la sua anima ascesa con quel fumo in paradiso. Egli se ne avede ora se diceva la verità."

Diceva davvero la verità Giordano Bruno, morto sul rogo di Campo dei Fiori a Roma il 17 febbraio 1600. Dopo 400 anni anche la Chiesa se ne ravvede, scusandosi per le colpe del passato: speriamo che dal Paradiso, dove la sua anima avrà senz'altro trovato posto, il filosofo campano apprezzi il gesto. Tanti i suoi meriti, vasta la sua opera, innumerevoli le manifestazioni quest'anno per ricordarne la grande figura. Un personaggio che piombò come un fulmine a ciel sereno nella cultura del XVI secolo, portando profonde innovazioni soprattutto in campo scientifico, in quella scienza che allora muoveva i primi timidi passi per liberarsi da secoli di immobilismo ed approcci qualitativi al mondo dei fenomeni.

Nato nel 1548 a Nola, Giordano Bruno entrò presto nell'ordine domenicano dove rimase però solo dieci anni, insofferente alle rigidità ecclesiastiche. Insegnò filosofia ed astronomia a Parigi, Ginevra e Londra, dove incontrò sempre una forte opposizione alle sue teorie. Nel 1591 tornò in Italia, a Venezia dal nobile Giovanni Mocenigo: fu proprio quest'ultimo a denunciarlo un anno più tardi all'Inquisizione. Nella città lagunare Giordano Bruno riuscì a contrastare gli inquisitori, ma trasferitosi a Roma, dopo un secondo processo durato ben sette anni, trovò il suo triste destino.

Il più grande merito del filosofo campano è di aver proposto in sostituzione dell'antico modello cosmologico aristotelico un universo infinito dove finito ed infinito stesso, come tutti gli opposti, coincidono. È la "coincidentia oppositorum": la coincidenza tra Finito ed Infinito, con l'uomo stesso considerato da Bruno un essere "infinitamente finito". La nostra innata tensione nei confronti dell'Universo (infinito) non avrebbe un carattere religioso, bensì metafisico, poiché è naturale il desiderio dell'uomo (che è certo essere finito ma ha in sé una parte infinita) di ricongiungersi con l'Infinito Globale, rappresentato dalla Natura. Così Dio, che si identifica nella Natura stessa, si manifesta nell'uomo, e quest'ultimo, finito, trova parte integrante nell'Infinito: ecco la coincidenza degli opposti. Nella Cena delle ceneri il filosofo riduce il modello cosmologico aristotelico fino ad allora in auge ad una semplice ipotesi, e come tale dello stesso valore di altre proposte: nemmeno Niccolò Copernico nel suo De revolutionibus orbium celestium aveva osato tanto, limitandosi a proporre la sua concezione eliocentrica come semplice ipotesi matematica.

Bruno si batté contro la teoria aristotelica del "Motore Immobile che tutto muove", proponendo una visione dell'Universo dove ogni corpo celeste si muove di una forza propria, che lo spinge verso un suo simile: è l'embrione della teoria meccanicistica dell'Universo che diverrà fondamento della moderna scienza astronomica, esposta nell'opera forse più nota di Giordano Bruno, De l'infinito universo e mondi. Di qui il filosofo passa alla formulazione dell'infinità stessa dell'Universo e dei mondi che lo abitano, teoria del tutto nuova e profondamente rivoluzionaria. Oggi potenti radiotelescopi scandagliano il cielo alla ricerca dei segnali di civiltà extraterrestri: quattro secoli fa immaginare che l'uomo non fosse l'unico abitante del cosmo non dovette apparire così naturale.

Certo Bruno non si può definire uno scienziato, come lo fu Galileo. Egli non utilizza ancora elementi quantitativi per le sue teorie, che hanno carattere piuttosto qualitativo, ma gli va dato pieno merito di aver creato un primo sistema filosofico pre-scientifico sul quale avrebbe poggiato il successivo pensiero moderno. Dopo Giordano Bruno l'uomo non sarebbe mai più stato al centro dell'Universo, ma posto ai margini di esso, errante su di una stella nell'infinito.



Universo senza fine

Qualche tempo fa alcune notizie riguardanti nuove ricerche in campo cosmologico (la cosmologia è la scienza che studia l'origine e l'evoluzione dell'universo) hanno gettato nell'incredulità più assoluta l'intera comunità mondiale degli astronomi, che sembra ora costretta a rivedere dalle fondamenta uno dei principi che sembravano più solidi nella scienza moderna del cosmo: l'espansione dell'universo.

Per capire di cosa stiamo parlando facciamo un passo indietro; un passo molto lungo, visto che dobbiamo retrocedere nel tempo di 15 miliardi di anni. In quella remotissima epoca l'universo era decisamente diverso da oggi: non esistevano né galassie, né stelle o pianeti. Tutta la materia era condensata in un volume piccolissimo (definito singolarità dagli scienziati) che aveva temperatura e densità straordinarie. Per un motivo che la mente umana non riesce ancora a comprendere tale singolarità esplose, creando, con la sua stessa espansione, lo spazio ed il tempo, generando così il cosmo. Nel corso degli anni, faremo meglio a dire dei miliardi d'anni, da quella esplosione nacquero le galassie, al loro interno le stelle ed i pianeti, finché l'universo assunse la forma e le dimensioni che oggi conosciamo.

L'espansione iniziale continua ancora, ma naturalmente la sua forza si è molto attenuata e la sua velocità continua a diminuire. Nel caso dell'universo il rallentamento dell'espansione è dovuto al fatto che la materia in esso presente (galassie, stelle, ...) agisce come una sorta di colla (la forza di gravità) il cui effetto è quello di tenere insieme, vicina, tutta la materia, piuttosto che farla espandere. Le nostre conoscenze sui parametri che regolano l'espansione del cosmo si stanno affinando sempre più, anche se rimangono dei punti oscuri: non possiamo affermare con precisione l'età dell'universo, compresa nell'intervallo di incertezza fra i 13 e i 18 miliardi di anni, ne quanta materia c'è in esso, considerato che con i nostri telescopi ne vediamo solo una piccola parte.

Sembrava certo comunque che l'espansione stesse rallentando, per fermarsi definitivamente tra qualche miliardo di anni e poi tornare indietro, come una esplosione al contrario, facendo precipitare tutto il cosmo in un'altra singolarità dalla quale, forse, sarebbe nato un nuovo universo. Queste convinzioni sono state profondamente scosse dai risultati di tre studi indipendenti, prodotti dall'Università di Princeton, dal gruppo australiano Supernovae Search Team e da quello americano Supernova Cosmology Project (Astrophysical Journal, 1999).

Osservando ed analizzando alcune supernovae molto lontane (stelle che esplodono diventando luminosissime) e dei particolari tipi di galassie, i tre gruppi di ricerca sono giunti alla stessa sorprendente conclusione: non solo l'espansione del cosmo non sta rallentando, ma addirittura accelera! Dove trova l'Universo l'energia per alimentare la sua corsa, visto che essa è cominciata qualcosa come 15 miliardi di anni fa? La risposta potrebbe venire da un nuovo tipo di energia, che scaturisce dal vuoto, non si sa come, quando e perché; fenomeno già previsto dai fisici teorici.

Che cosa significa questo? In parole povere, che l'Universo sembrerebbe destinato ad espandersi per sempre, divenendo, fra molte centinaia di miliardi di anni, un luogo straordinariamente sconfinato, assolutamente e definitivamente morto, mare di fotoni e neutrini, senza materia: uno scenario desolato come nessun altro. È comunque ancora presto per rivedere le teorie di 50 anni: servono molti dati osservativi in più, che verranno forniti soprattutto dai telescopi di nuova generazione che stanno sorgendo in questo periodo.

La morte dell'universo sembra una prospettiva molto lontana per noi: milioni di generazioni di uomini vivranno ancora su questa Terra, e viaggeranno fra le stelle. Ma sapere che forse, un giorno, nella nostra casa cosmica sarà definitivamente cessata ogni forma di vita, concede almeno un piccolo, triste pensiero.