L'origine dell'illuminismo è da
ricercare nella cultura filosofico-scientifica del XVII sec. in Inghilterra e
nei Paesi Bassi, ma giunse nel pieno del suo sviluppo nel ed influenzò ogni
aspetto della cultura e della vita. Esso non rimase limitato ad un
ristretto numero di filosofi, bensì riuscì a coinvolgere una larga parte della
popolazione, divenendo una reale forza di trasformazione della società.
Il fulcro fu la ragione umana,
considerata come unica certezza indiscutibile, superiore ad ogni autorità o
rivelazione, ne conseguì una valorizzazione dell'uomo e della scienza, mentre
questioni teologiche e metafisiche passarono decisamente in secondo piano.
L'uso della ragione fu
considerato come l'unico strumento in grado di dare la felicità. Vennero in
seguito realizzate tutte le istituzioni tradizionali, sotto la luce del nuovo
pensiero illuminato. Furono subito chiare le ingiustizie, i privilegi, gli
abusi. Ne derivò un serrato processo al passato, alla storia, vista come un
susseguirsi di errori, violenze, oppressioni. Compito della ragione era quello
di portare la luce, di criticare principi ed istituzioni, di diffondere la
cultura e la verità, in modo che tutti gli uomini comprendessero di essere
uguali e liberi per natura.
La genesi dell'illuminismo va
ricercata essenzialmente nella filosofia cartesiana con la sua critica
all'autorità e alla tradizione, con l'avvertenza che gli illuministi
apprezzarono per così dire solo la pars destruens del pensiero cartesiano,
mentre considerarono arbitrarie e fantastiche la fisica e la metafisica fondate
su quella. La maggiore diffusione si ebbe
intorno al 1750 in un periodo di pace. Dopo decenni di guerre, il richiamo alla
ragione ed a un nuovo umanismo precludevano il fanatismo ed il settarismo. Il nuovo
intellettuale - filosofo cercò di porsi accanto al sovrano per consigliarlo ed
ispirarne l'opera di rinnovamento e miglioramento delle condizioni di vita e
dei rapporti sociali, rompendo per la prima volta la tradizionale alleanza tra
trono ed altare.
Nel giudizio degli illuministi il mondo interiore
dell'umanità contemporanea offriva un impressionante panorama di assurdità, di
superstizioni e pregiudizi, così come l'organizzazione politico-sociale
rivelava stridenti incongruenze e intollerabili ingiustizie. Tuttavia questo
atteggiamento critico si accompagnava a una profonda fede nella ragione quale
onnipotente strumento di liberazione dall'errore. Perciò il filosofo dell'età
dei lumi fu un intellettuale di nuovo tipo, profondamente consapevole della sua
responsabilità sociale e dei suoi doveri verso l'umanità. Collocandosi
storicamente fra le due rivoluzioni moderne che si è soliti qualificare come
"borghesi", quella inglese del 1688 e quella francese del 1789,
l'illuminismo voleva instaurare un regno della ragione dal quale fossero
aboliti i privilegi nobiliari ed ecclesiastici e gli arbitri dell'assolutismo
ed eliminate tutte le deformazioni ideologiche. Elevando a ideali la ragione,
la libertà e l'uguaglianza, la borghesia operava una sorta di sublimazione dei
concreti obiettivi della sua lotta per il predominio nella società; ma al di là
della considerazione dei limiti delle istituzioni politico-sociali scaturite
dal successo della nuova classe dominante, quei princìpi erano sentiti come
valori universali ed eterni, insiti nella stessa immutabile natura dell'uomo.
Ciò non toglie che lo slancio democratico dell'illuminismo risultasse solo
potenziale: il messaggio dell'uguaglianza non riguardava il
"popolaccio" o la "canaglia" (Voltaire), abbrutita dall'assillo
dei bisogni elementari, ma solo la gente di qualità, gli honnêtes hommes.
Un aspetto essenziale
dell'Illuminismo fu il suo grande impegno divulgativo. Spariscono infatti le
figure dei filosofi e degli scienziati chiusi nelle loro specializzazioni e
fruitori di un linguaggio a molti incomprensibile per dar vita ad una nuova
figura di studioso, che estende le certezze matematiche a tutti i campi dello
scibile umano. Tutto ciò comportò un inevitabile scontro con la Chiesa, della
quale vennero rinnegate tutte le rivelazioni trascendenti. Gli Illuministi
accettavano una forma di religione naturale detta Deismo, una religione
senza dogmi che identifichino Dio come l'ordine supremo della natura.
Il distacco dalla tradizione
tuttavia è particolarmente evidente nella ricerca dei fondamenti della morale e
della religione. Per quest'ultima venne raccolta l'eredità dei "liberi
pensatori", che da Toland in poi avevano sostenuto il carattere naturale
della religione, al di là delle sue vesti mitologiche e dei suoi irrigidimenti
confessionali. Per la prima ci si ispirò invece alle dottrine dei moralisti che
si erano adoperati per liberare l'etica dalla soggezione alla teologia, sia
postulando l'esistenza al fondo dell'uomo di un naturale "sentimento"
di amore, come aveva fatto lo Shaftesbury, sia rivendicando la dimensione
morale dell'interesse "bene inteso", secondo la linea comune alle
varie versioni dell'utilitarismo. Ma anche in quei pensatori, come il La
Mettrie e il d'Holbach, che volsero decisamente a conclusioni materialistiche e
atee, permasero almeno due atteggiamenti di tipo religioso: l'idea della
doverosità dell'illuminazione altrui e del proselitismo e la fede escatologica
nell'avvento definitivo di un'era nuova, nella quale la ragione trionfante avrebbe
reso finalmente umana la vita degli uomini. Solo verso la fine del secolo
Condorcet propose la meno ingenua prospettiva di un progresso ad infinitum,
realizzato attraverso la trionfante, ma pur drammatica e faticosa, "marcia
dello spirito umano".
Tutta la cultura europea risentì
beneficamente dell'influenza dell'illuminismo, che segnò un nuovo orientamento
culturale specialmente in Italia e in Germania, dove fu designato con il
termine di Aufklärung. In Italia la penetrazione delle nuove idee ebbe l'effetto
di sbloccare una cultura provinciale, accademica e salottiera e costituì la
premessa di un profondo rinnovamento morale e di trasformazioni di grande
momento anche nella lingua e nello stile letterario. I due centri più vitali
dell'illuminismo italiano furono Milano e Napoli. Nella prima città le riforme
economiche e amministrative del governo austriaco e nella seconda la politica
anticuriale e antifeudale della monarchia borbonica stimolarono positivamente
la nuova cultura e al tempo stesso furono da questa orientate e condizionate.
Fra i rappresentanti più notevoli della nuova filosofia vanno ricordati i
fratelli Verri, Beccaria, Carli, padre Soave, Romagnosi per l'Italia
settentrionale, e Galiani, Genovesi, Filangieri, Pagano, Russo per l'illuminismo
napoletano.
Per l'influenza che l'illuminismo
ebbe in politica sui sovrani del XVIII sec. (da Federico II di Prussia a Maria
Teresa d'Austria, da Caterina di Russia a Giuseppe II d'Austria).
Alla fine degli anni Ottanta si è avuto un ritorno ai concetti fondamentali
dell'illuminismo, che sono stati
ripresi nel dibattito intellettuale per contrapporli a certe tendenze
irrazionalistiche della cultura contemporanea, di tipo esoterico e teosofico.
Crisi dell'Illuminismo
Nonostante alcuni considerino il periodo che va dal 1750
al 1780 come il culmine del movimento, il dispotismo illuminato, con l'alleanza
di filosofi, intellettuali e uomini politici, durante il quale si ebbe una
vertiginosa diffusione dell'ideologia, possiamo considerare questo arco di tempo
come l'inizio della fine. L'alleanza con i sovrani non potè infatti durare a
lungo, nonostante avesse contribuito in maniera sostanziale alla diffusione.
Ben presto il dispotismo napoleonico troncò le speranze, diffondendo,
contemporaneamente, nuove idee di libertà e democrazia che furono trasmesse ai
progressisti, ai liberali ed ai nazionalisti dell'Ottocento.