La dialettica
secondo Aristotele

Nel libro I del trattato "Generazione e corruzione" Aristotele, dopo aver messo a fuoco in alcune pagine notevoli le contraddizioni dei filosofi che in precedenza si erano occupati del medesimo argomento, scrive alcune parole davvero eterne:

"La cagione che impedisce di osservare nel loro complesso i fenomeni comunemente accettati è la mancanza di esperienza; perciò tutti quelli che hanno maggiore dimestichezza con le cose della natura sono maggiormente capaci di postulare principi tali che possano abbracciare un vasto numero di fenomeni, quelli invece che, fondandosi su un gran numero di procedimenti astratti, non partono dall'osservazione dei fatti concreti, trovano minore difficoltà a pronunciarsi, perchè hanno un ben limitato numero di cose davanti allo sguardo.
E da queste nostre considerazioni si può anche vedere quanta differenza intercorra tra quelli che eseguono l'indagine su basi fisiche e quelli che l'eseguono su basi astrattamente logiche; infatti, per quanto concerne le grandezze invisibili, questi ultimi affermano che esse esistono, altrimenti il triangolo-in-sè sarebbe molteplice, mentre Democrito, al contrario, pare che ne sia rimasto convinto mediante argomentazioni appropriate di carattere fisico. Ma queste nostre affermazioni verranno chiarite nel proseguimento della ricerca."
(Generazione e corruzione, I (A), 2, 316 a)

Chiarito questo punto, che cioè la definizione di dialettica resa da Aristotele non era all'altezza del metodo dialettico reale utilizzato dallo stesso Aristotele, passiamo ad esaminare alcune questioni più precise.
Molti studiosi sostengono che Aristotele abbia coltivato diverse concezioni della dialettica anzichè una sola.
Nulla vieta di crederlo, specie se si fa riferimento al periodo "accademico" e se dunque si riconosce che il suo pensiero si sia evoluto nel tempo, dapprima seguendo Platone e poi differenziandosi. C'è da considerare, infatti, che nell'uso della dialettica Platone fu davvero un maestro. Tuttavia mi paiono più convincenti quegli studiosi che riconoscono una concezione unitaria nell'Aristotele dei Topici e degli altri trattati. Questo per dire che il periodo post-accademico di Aristotele si presenta sostanzialmente coerente.
In particolare si tratta di rispondere al quesito: a che serve la dialettica?
Spesso, nella peggiore e più squallida delle ipotesi, solo ad avere la meglio nelle discussioni. Aristotele la cita come risorsa nel caso di incontri occasionali e ne parla anche come ginnastica della mente. Ma è evidente che la dialettica serve soprattutto nella ricerca del giusto capo da cui cominciare per sbrogliare una matassa. Quindi a noi serve non tanto vincere in un dibattito ed ottenere ragione pur avendo qualche torto, quanto scoprire la verità, cioè dove conduce quel filo che abbiamo individuato, sapere perchè è così ingarbugliato, anche a costo di perdere un occasionale dibattito.
Senza questo presupposto la dialettica sarebbe solo retorica per sofisti e demagoghi ed un' arma per affermare il proprio senso di importanza personale. Dunque la dialettica serve a raccogliere ipotesi, a confrontare soluzioni diverse di un identico problema, a valutare diverse convenienze e contrapposti punti di vista. A considerare gli interessi ed i moventi di tutti quelli che esprimono il loro parere.

Aristotele dice che la dialettica serve a questo:
"Questo trattato è poi utile altresì rispetto ai primi tra gli elementi riguardanti ciascuna scienza. Partendo infatti dai principi propri della scienza in esame, è impossibile dire alcunchè intorno agli archai (punti di partenza) stessi, poichè essi sono i primi tra tutti gli elementi, ed è così necessario penetrarli attraverso gli elementi fondati sugli endoxa (opinioni autorevoli) che riguardano ciascun oggetto.
Questa per altro è l'attività propria della dialettica, o comunque quella che più le sia addice: essendo infatti impiegata nell'indagine, essa indirizza verso i principi tutte le scienze."
(Topici I 2, 101, a 36 -b4)

Questa definizione parziale non ci ha mai soddisfatto pienamente per le ragioni su esposte e per altre che chiunque potrebbe trovare qui è là esaminando gli scritti di Aristotele. Abbiamo cercato di evidenziare cosa mancava: il fattore esperienza individuale, e di conseguenza il fare ricorso ad altre esperienze individuali, agli endoxa, a opinioni particolarmente autorevoli. Con ciò mi pare risulti più chiaro che cosa fu la dialettica per Aristotele e cosa potrebbe essere per noi.