L'epistolario galileiano è costituito da oltre 400 lettere scritte fra il 1588 e il dicembre del 1641, e
comprende sia i testi destinati dall'autore alla stampa o ad un'ampia
diffusione, sia la corrispondenza privata, indirizzata a familiari, amici,
colleghi italiani e stranieri, autorità religiose e politiche; i primi ci
consentono di seguire o di verificare il pensiero di Galileo; la seconda, di
conoscere e di comprendere le vicende personali e la profonda umanità dello
scienziato.
Di indiscutibile valore sono le 4 lettere conosciute sotto il nome di
"copernicane", dirette: una al discepolo Benedetto Castelli (1613), due a
monsignor Piero Dini (1615), una a Cristina di Lorena, madre del granduca di
Toscana Cosimo II (1615). In esse Galileo affronta il tema del rapporto fra
scienza e Sacre Scritture: rivendica l'autonomia della scienza, dimostra come i
testi sacri siano inadeguati - per il linguaggio e per i fini diversi che si
propongono - a trattare con il necessario rigore le questioni scientifiche, e
propone una mediazione.
Particolarmente interessanti e significative sono le epistole successive al
1633, anno in cui il decreto del Sant'Uffizio impediva a Galileo, confinato ad
Arcetri, di avere contatti con l'esterno: le lettere divennero allora l'unico
mezzo con il quale, eludendo la vigilanza dell'Inquisizione, egli poté mantenere
viva una fitta rete di relazioni intellettuali ed umane con le menti più aperte
della cultura europea.
In esse è possibile apprezzare, oltre alla dottrina, l'eccellenza della prosa
galileiana, brillante, chiara ed efficace, nonché la particolare attenzione
riservata alle scelte linguistiche: era infatti convinzione di Galileo che il
sapere scientifico fosse divulgabile e trasmissibile anche ai non specialisti
sia attraverso il "dialogo", sia per mezzo dell'"epistola".