| Nella I Meditazione
Cartesio (come già nel "Discorso sul metodo") si
pone il problema di ottenere conoscenze certe, chiare e distinte. Quindi, per ottenere una fondazione rigorosa, decide di sottoporre a dubbio metodicamente tutte le sue conoscenze a iniziare da quelle in cui qualche volta è stato ingannato (cioé tutte quelle relative direttamente o meno al mondo esterno); per maggiore sicurezza ipotizza l'esistenza di un "dio ingannatore" che renda false anche tutte le conoscenze matematiche. La prima meditazione si conclude con questo risultato: per l'applicazione del dubbio metodico e iperbolico non ci sono più conoscenze valide. Nella II Meditazione il dubbio si trasforma in
origine di certezza: l'unico elemento su cui non è dato di dubitare è
il dubbio stesso. Quindi, dubitando io penso e se penso esisto almeno
come "res cogitans". Nella III Meditazione Cartesio analizza il cogito
stesso: al suo interno ci sono idee di tipo diverso. Nella IV Meditazione si spiega l'origine dell'errore: esso non può essere dovuto a Dio, ma alla mia volontà di affermare di più di quel che potrei in base alla evidenza e alla verità. C'è sempre una origine pratica dell'errore. Nella V Meditazione Cartesio riflette sulle
"idee delle cose": con l'intellezione ho idee certe, tanto che
posso dimostrare teoremi anche su figure geometriche tanto complesse da
non potere essere immaginate; mentre con l'immaginazione, pur non avendo
certezze, mi rivolgo al corpo. Nella VI Meditazione si afferma che Dio, oltre che
creatore della res cogitans e della res extensa, deve
essere allo stesso modo creatore e garante dell'esistenza di
tutte le cose del mondo. |