Cesare Beccaria

Dei delitti e delle pene, l'opuscolo pubblicato nel 1764 da Cesare Beccaria é indubbiamente il testo più noto dell' intero illuminismo italiano; ed é anche il più importante, se si considera la sua fortuna in Europa e la sua influenza sui pensatori successivi. In esso convergono alcune delle idee sociali più significative della nuova cultura che andava affermandosi, espresse in uno stile raffinato e limpido al tempo stesso, un modello di esposizione per i nuovi filosofi. Interessante é il fatto che quando venne pubblicata l' opera, l' autore aveva appena 25 anni e che quel successo restò l'unico nella sua lunga carriera di scrittore e filosofo: tutti gli altri suoi scritti sono pressapoco sconosciuti.

Cesare Beccaria nacque a Milano nel 1738 da una famiglia ricca e nobile e a vent' anni si laureò in Legge presso l' Università di Pavia. Le nozze del 1761 con Teresa Blasco, di condizioni umili, portarono alla rottura con la famiglia e fu solo grazie all' intervento di Pietro Verri, al quale intanto Beccaria si era avvicinato, che potè in seguito avvenire la riconciliazione. Il carattere riservato e riluttante di Cesare Beccaria, tanto nelle vicende private quanto nelle pubbliche, ebbe nei fratelli Verri, e soprattutto in Pietro, un fondamentale punto d' appoggio e di stimolo. Alle frequentazioni con Pietro, non a caso, é ispirata la prima opera edita da Beccaria, il trattato Del disordine e de' rimedi delle monete nello stato di Milano nel 1672, uscito a Lucca nel 1762 appunto.
Con questo scritto Beccaria prendeva una netta posizione in una delicatissima questione finanziaria, entrando così in polemica con i conservatori. Nello stesso anno, poi, gli nacque la figlia Giulia, la futura madre di Alessandro Manzoni. Isolate e sporadiche furono le collaborazioni di Beccaria alla rinomata rivista " Il Caffè ", ma tutte di altissimo valore teorico. L' adesione alle idee degli illuministi francesi, da Montesquieu a Diderot a Rousseau, e la collaborazione intensa con Pietro Verri dovevano dare i loro frutti e li diedero con la pubblicazione del capolavoro di Beccaria, Dei delitti e delle pene. Lo scritto venne dato alla stampa nel 1764 a Livorno, presso lo stesso editore che pochi anni dopo avrebbe pubblicato la prima edizione italiana dell'Enciclopedia di Diderot e D'Alembert.

Beccaria preferì far comparire come anonimo l' opuscolo, temendo ripicche personali e ritorsioni e, infatti, parecchie furono le reazioni di condanna, soprattutto da parte della Chiesa cattolica, che nel 1766 inserì l' opera nell' Indice dei libri proibiti, senza però arrivare a bruciarla pubblicamente, come invece era stato fatto per l' Uomo macchina di La Mettrie. Tuttavia Beccarie ottenne anche molti pareri favorevoli: in Italia il libro fu strenuamente difeso dai fratelli Verri sul " Caffè " e in Francia i philosophes più prestigiosi lo tradussero e salutarono come un vero e proprio capolavoro, Voltaire in primis. Questo gli fruttò l' invito ad andare a Parigi, dove arrivò in compagnia di Alessandro Verri nell' ottobre del 1766. Ma il suo carattere schivo e riservato gli rese sgradevole l'accoglienza festosa dell'ambiente parigino, mentre la nostalgia dell'amata Milano e della famiglia lo inducevano ad un rapido rientro in patria, interpretato un pò da tutti come una sorta di fuga inspiegabile.
Questo fece vacillare i suoi rapporti con i fratelli Verri, che gli rinfacciarono l' indolenza e il carattere provinciale: finiva così la fruttuosa collaborazione col gruppo degli illuministi lombardi. Dal 1769 Beccaria occupò per due anni la cattedra di Economia civile presso le Scuole Palatine di Milano ( e, una volta morto, verranno pubblicati gli Elementi di economia pubblica ). Dal 1771 fini alla morte ( avvenuta il 28 novembre 1794 ) si dedicò alla carriera amministrativa, dando il suo apporto alla politica riformista della monarchia asburgica che regnava su Milano. Nel 1770 intanto aveva pubblicato le Ricerche intorno alla natura dello stile, in cui riprendeva le riflessioni comparse sulla rivista " Il Caffè ": il pensiero sensista é applicato a meglio comprendere i meccanismi tramite i quali si svolge la comunicazione umana, e in particolare quella letteraria. Beccaria in ambito letterario si schiera in favore di una letteratura rinnovata nello stile, fedele al bisogno di esprimere concetti concreti (cose) secondo procedimenti razionali.
Anche Cesare Beccaria, come Pietro Verri, concepiva la cultura in termini utilitaristici, ossia quale strumento di intervento concreto sulla realtà con il fine di migliorare le condizioni materiali di vita degli uomini: e qui emerge tutto il suo spirito illunministico, il quale a sua volta mutua la concezione utilitaristica da Francesco Bacone e dal suo " sapere per potere ". Il tema di Dei delitti e delle pene, propostogli da Pietro Verri, ben si apprestava ad affrontare da un punto di vista specifico e circoscritto la questione della giustizia, e dunque della politica e della società, e infine del rapporto tra società e benessere. Per questa ragione, attaccando apertamente il comportamento dei vari stati intorno alla questione della giustizia, Beccaria metteva in discussione l' intero assetto del quale quel comportamento era espressione, finendo con l' adombrare, nelle proposte di un rinnovamento giudiziario, una società fondata su valori interamente alternativi.


Testo tratto da www.filosofia.3000.it
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