David Ricardo

David Ricardo (1772-1823) è l'autore del libro Principi di economia politica e di tassazione, manifesto economico degli utilitaristi. Egli, applicando il metodo induttivo all'economia, cioè partendo dall'analisi dei fatti, ne ricavò delle leggi, e contemporaneamente offrì la prima rigorosa analisi del capitalismo, individuando con precisione i conflitti d'interesse e gli antagonismi ad esso connessi. I cardini del suo sistema dottrinario sono l'idea, ereditata da ADAMO SMITH (1723-1790), che il valore di un prodotto è equivalente alla quantità di lavoro speso per produrlo, e il principio che il «progresso economico» è determinato solo dalla libertà d'iniziativa individuale, sia sul piano della produzione che su quello dello scambio.
Egli visse in un periodo in cui, in Inghilterra, si configurò un conflitto d'interessi tra i proprietari terrieri e gli imprenditori industriali. I primi chiedevano l'aumento dei dazi doganali sull'importazione del grano, in modo da tutelare la produzione interna, incrementare l'attività agricola e mantenere, così, alte le loro rendite fondiarie. Contro questi Ricardo difese gli interessi degli imprenditori industriali: i dazi - sostenne - incrementano solo la rendita parassitaria dei proprietari, e non migliorano sostanzialmente le condizioni dei coltivatori; inoltre l'incremento dell'attività agricola toglie braccia e capitali al lavoro industriale; per giunta, l'alto prezzo del grano fa aumentare il costo del cibo, il che comporta la necessità di aumenti salariali. Se poi si considera che la diminuzione della produzione Industriale e l'aumento dei salari fanno crescere il costo di produzione dei prodotti dell'industria, e pertanto ne diminuiscono la competitività internazionale, il che genera il calo delle esportazioni e con esso la diminuzione dei profitti allora l'aumento dei dazi sul grano comporta la crisi del sistema industriale e, insieme, quella della stessa espansione economica dell'Inghilterra.
Egli infatti identificava il progresso economico con l'espansione industriale, il suo schema era il seguente: se si favorisce l'incremento dell'industria, si produce l'incremento dei profitti che sono la fonte dei capitali d'investimento; questi, impiegati razionalmente nell'ambito della stessa attività industriale, rendono più basso il costo di produzione e più competitiva la stessa produzione; il che genera nuovamente massimi profitti da reinvestire; solo questo circolo assicura, in senso proprio, il progresso economico della nazione; pertanto lo stato deve intervenire non per limitare la logica del profitto, ma per eliminare ogni ostacolo all'incremento della libera attività industriale e alla libertà di commercio.
Questo schema ha avuto vita lunga; esso ha costituito per molto tempo la base «scientifica» della difesa degli interessi degli industriali non solo rispetto ai proprietari terrieri, ma anche rispetto ai lavoratori, presentando come dannoso ogni aumento salariale, in quanto inevitabilmente in conflitto con l'incremento dei profitti e quindi con la crescita economica globale.