La nascita dell'esistenzialismo

Nel periodo tra le due guerre mondiali, in un contesto caratterizzato dalla crisi profonda dei valori intellettuali, sociali ed etici, nacque in Europa l'esistenzialismo, un indirizzo filosofico-culturale che assunse come proprio tema l'analisi dell'esistenza intesa come specifico modo di essere dell'uomo nel mondo. Più in particolare, agli esponenti di questa corrente l'esistenza appariva incerta, precaria, soggetta sia ad avvenimenti che l'uomo non riesce a controllare, sia agli istinti, agli egoismi: insomma, un'esistenza drammaticamente priva di senso.

Il filosofo Jean-Paul Sartre, nel brano che segue tratto dal romanzo La nausea, racconta, sotto forma di diario, lo stato di malessere incomprensibile e oscuro, la nausea appunto, da cui viene colto Antoin Roquentin, un intellettuale piccolo-borghese che trascorre giornate vuote tra la biblioteca e il caffè. La nausea sartriana scaturisce infatti dall'esistenza stessa allorché questa è colta in tutta la sua assurdità e contingenza.

«Un momento fa ero ben lontano di sicuro dal nuotare nella beatitudine. Alla superficie facevo i miei conti, meccanicamente. Sotto sotto stagnavano tutti quei pensieri spiacevoli che hanno preso forma d'interrogativi non formulati, di muti sbalordimenti e che non mi lasciano più ne giorno ne notte. Pensieri suAnny, sulla mia vita sprecata. E poi, più sotto ancora, la Nausea, timida come un'aurora. Ma allora non c'era musica, ero mesto e tranquillo. Tutti gli oggetti che mi circondavano erano fatti della mia stessa materia, d'una specie di laida sofferenza. Il mondo era così brutto, fuori di me, così brutti questi bicchieri sporchi sui tavoli, e le macchie scure sullo specchio e sul grembiule di Maddalena e Varia amabile del grosso amoroso della padrona, così brutta l'esistenza stessa del mondo, che mi sentivo a mio agio, in famiglia.

Adesso c'è questo canto di sassofono. Ed ho vergogna. È appena nata una gloriosa, piccola sofferenza, una sofferenza-modello. Quattro note di sassofono. Vanno e vengono e sembra che dicano: "bisogna fare come noi, soffrire a tempo", Ebbene, sì! Naturalmente, vorrei ben soffrire a questo modo, a tempo, senza indulgenza, senza pietà per me stesso, con un'arida purezza. Ma è forse colpa mia se infondo al mio bicchiere la birra è tiepida, se ci sono macchie scure sullo specchio, se io sono di troppo, se la mia sofferenza più sincera, la più secca, si trascina e s'appesantisce con troppa carne entro la pelle tuttavia troppo larga, come l'elefante marino, con grossi occhi umidi e commoventi, ma così brutti? No, non si può certo dire che sia pietoso questo piccolo dolore di diamante, che gira in tondo sopra il disco e che mi abbacina. E nemmeno ironico: gira allegramente, tutto occupato di se stesso, ha trinciato come una falce la falsa intimità del mondo ed ora gira, e tutti noi, Maddalena, il pezzo d'uomo, la padrona, io stesso, e i tavoli, i sedili, lo specchio macchiato, i bicchieri, tutti noi che ci abbandonavamo all'esistenza, poiché eravamo tra di noi, solo tra di noi, siamo stati sorpresi da esso nella nostra trasandatezza, nel nostro lasciar andare quotidiano: ho vergogna per me stesso e per tutto ciò che esiste dinanzi ad esso.

Esso non esiste. È perfino urtante; se mi alzassi e strappassi questo disco dal piatto che lo regge e lo spezzassi in due, non lo raggiungerei nemmeno. Esso è al di là - sempre al di là di qualche cosa, d'una voce, d'una nota di violino. Attraverso spessori e spessori d'esistenza, si svela, sottile e fermo, e quando lo si vuole afferrare non s'incontra che degli esistenti, si cozza contro esistenti privi di senso. È dietro di essi: non lo odo nemmeno, odo dei suoni, delle vibrazioni che lo rivelano. Ma esso non esiste, poiché non ha niente di troppo: è tutto il resto che è di troppo in rapporto ad esso. Esso è. E anobio ho voluto essere. Anzi non ho voluto che questo; questo è il vero significato della storia. Vedo chiaro nell'apparente disordine della mia vita: nel fondo di tutti questi tentativi che sembravano slegati, ritrovo lo stesso desiderio: cacciare l'esistenza fuori di me, vuotare gli istanti del loro grasso, torcerli, disseccarli, purificarmi, indurirmi per rendere infine il suono netto e preciso di una nota di sassofono.
Potrebbe perfino essere un apologo: c'era un povero diavolo che s'era sbagliato di mondo. Esisteva, come gli altri, nel mondo dei giardini pubblici, delle bettole, delle città commerciali e voleva persuadersi che viveva altrove, dietro la tela dei quadri, con i dogi del Tintoretto, con i gravi fiorentini di Cozzali, dietro le pagine dei libri, con Fabrizio delDongo eJulien Sorci, dietro i dischi fonografici, con i lunghi lamenti secchi del jazz. E poi, dopo aver fatto ben bene l'imbecille, ha capito, ha aperto gli occhi, e ha visto che cera stato uno sbaglio: era in una bettola, per l'appunto, davanti ad un bicchiere di birra tiepida. È rimasto accasciato sul sedile, ed ha pensato: sono un imbecille. Ed in quel momento preciso dall'altra parte dell'esistenza, in quell'altro mondo che si può veder da lontano, ma senza mai avvicinarvisi, una piccola melodia s'è messa a danzare, a cantare: "Bisogna essere come me; bisogna soffrire a tempo di musica"».


(J.R Sartia La nausea. 1938)



- QUADRO STORICO -

Le democrazie nel primo dopoguerra - Stati Uniti

Gli USA erano stati i veri vincitori della guerra: primo paese produttore, ma anche esportatore, di capitali, tanto che il dollaro divenne la nuova moneta forte dell'economia mondiale. Pertanto, gli anni '20 furono per l'America un periodo di grande prosperità economica che influì positivamente sulla vita dei cittadini, come dimostrò anche la diffusione delle automobili e degli elettrodomestici.
Il Partito repubblicano dominava la scena politica in quanto sostenitore di una linea conservatrice e strenuo promotore del liberismo. L'ondata di conservatorismo portò a leggi limitative dell'immigrazione e all'inasprimento delle pratiche discriminatorie nei confronti della popolazione di colore (nacque la setta del Ku Klux Klan); lo stesso proibizionismo, il divieto di produrre, vendere e consumare bevande alcoliche, fu dovuto alle nuove ideologie miranti a salvaguardare la razza bianca, in quanto il bere era considerato un vizio tipico dei neri e dei proletari.

Proibizionismo: insieme dei provvedimenti adottati dagli Stati Uniti, intesi a vietare la produzione, il commercio e il consumo di bevande alcoliche. Il «nobile esperimento», che nel 1919 fu esteso a tutti gli Stati della federazione e venne sostenuto soprattutto da ambienti conservatori e razzisti, non solo falli i suoi obiettivi, in quanto il consumo di alcool anziché diminuire aumentò, ma produsse gravi ripercussioni sociali. Cominciarono, infatti, a proliferare i locali dediti alla vendita clandestina di alcool, gli speakeasies, e crebbe la criminalità, ovvero il numero dei gangster (da gang= banda organizzata), che trasformarono città come Chicago in paradisi del crimine, della corruzione e dell'estorsione. Il proibizionismo ebbe fine nel 1933, un anno dopo l'elezione di ED. Rooseveit alta Casa Bianca.