Il Saggiatore di Galilei

Il Saggiatore è la risposta alla Libra astronomica ac philosophica (Bilancia astronomica e filosofica) del padre gesuita Orazio Grassi sull’origine e la natura delle comete. Il Grassi aveva attribuito alla sua opera il titolo di “bilancia” (libra in latino) per indicare che il suo intento era quello di “pesare” le teorie di Galileo; quest’ultimo, con spirito polemico, rispondeva con il “saggiatore”, bilancia usata per il saggio dei metalli preziosi, alludendo al fatto che aveva “ponderato” le tesi del gesuita con uno strumento di ben più alta precisione.
L’opera, stampata a Roma nel 1623 a cura dell’Accademia dei Lincei, è dedicata dagli accademici al papa Urbano VIII e contiene due componimenti poetici, uno in latino e l’altro in italiano, in cui vengono tessute le lodi per Galileo.
La parte critica vera e propria è costituita da tre “esami” cui sottopone le tesi di Orazio Grassi.

Nel primo sostiene la tesi – errata – che le comete siano apparenze dovute ai raggi solari (come l’arcobaleno) – ha invece ragione il Grassi che le considera corpi celesti, secondo una teoria già espressa dall’astronomo danese Tycho Brahe (1546-1601) –; inoltre afferma che nel loro moto non seguono né circonferenze né ovali. Nel secondo fornisce nuovi argomenti sulla natura e sulla forma delle comete, ma parte sempre dal presupposto che siano solo apparenze, e non riesce a dimostrare l’infondatezza delle testi avversarie. Anche nel terzo esame giunge a conclusioni poco logiche, e segue un procedimento non conforme a quello scientifico.

Le basi del suo metodo sono la lotta contro il principio di autorità e contro i dogmi, l’osservazione della natura e il procedimento matematico, chiave irrinunciabile della vera conoscenza. Per lo scienziato, l’universo è infatti un “grandissimo libro”, scritto in “lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche”. Solo imparando questo linguaggio si può far luce sulle verità che interessano l’uomo e progredire nella conoscenza filosofica. Ma secondo Galileo, esperienza e filosofia, pratica e teoria, non possono fare a meno l’una dell’altra; se la filosofia priva di contenuti concreti è un guscio vuoto, l’indagine empirica rimane sterile se non è guidata da leggi generali di interpretazione.

Colpisce la coerenza con cui Galileo concilia teorie scientifiche e fede cattolica: pur nella risoluta convinzione con cui afferma il valore dei suoi princìpi scientifici, egli è consapevole che la scienza non è in grado di esaurire il mistero dell’universo, trovando in questo una conferma della potenza divina. Egli appare affascinato dalle immense prospettive della conoscenza umana, che è un nulla rispetto a ciò che ancora si può scoprire e rispetto all’infinita, perfetta grandezza di Dio, ma che acquista caratteri grandiosi se si riflette sulle sue possibilità di ampliarsi e di affinarsi in un processo di arricchimento costante. Il presupposto unico e indispensabile della conoscenza è l’osservazione del reale, la “sensata esperienza” delle cose del mondo.

Il Saggiatore, se non dà la misura del valore di Galileo come uomo di scienza, tuttavia occupa un posto di primaria importanza nell’ambito letterario per l’eleganza dell’esposizione, da cui trapela un’educazione umanistica e filosofica; per la chiarezza e l’efficacia del discorso; per la forma piacevole, umoristica e mordace con cui polemizza; per l’entusiasmo che erompe nel corso dell’indagine e della scoperta scientifica.
Rovesciando le consuetudini del mondo della scienza, Galileo adopera il volgare; e la scelta è tanto più audace poiché la sua opera è la risposta a un testo scritto in latino.


Vedi anche: Vita e opere di Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
Epistole - Scienza come dimostrazione pratica