Hannah Arendt, Friederich e Brzezinski, Baumann

La filosofa Hannah Arendt nel suo libro "Le origini del totalitarismo" parla di antisemitismo e colonialismo come delle radici dei totalitarismi. In seguito anche lei presenta la società di massa come un terreno fertile per lo sviluppo dei regimi:
"Invece i movimenti totalitari trovano un terreno fertile per il loro sviluppo ovunque ci siano delle masse che per una ragione o per l'altra si sentono spinte all'organizzazione politica, pur non essendo tenute unite da un interesse comune, mancando di una specifica coscienza classista, incline a proporsi obiettivi ben definiti, delineati e conseguibili".Per massa la Arendt intende il ceto medio, estremamente composito, e le classi subalterne, masse di gente politicamente neutra scartata da tutti gli altri partiti perché troppo apatici o stupidi.
Infine la filosofa ci dice, analizzando i tratti comuni dei totalitarismi, che nazismo e stalinismo si propongono il medesimo scopo: la distruzione totale della persona umana.
"L'ideologia totalitaria non mira alla trasformazione delle condizioni esterne dell'esistenza umana né al riassetto rivoluzionario dell'ordinamento sociale, bensì alla trasformazione della natura umana che, così com'è, si oppone al processo totalitario. I lager sono i laboratori dove si sperimenta tale trasformazione, e la loro infamia riguarda tutti gli uomini, e non soltanto gli internati e i guardiani. Non è in gioco la sofferenza, di cui ce n'è stata sempre troppa sulla terra, né il numero delle vittime. E' in gioco la natura umana in quanto tale..."
E ancora
"[...] i regimi totalitari hanno scoperto senza saperlo che ci sono crimini che gli uomini non possono né punire, né perdonare. Quando l'impossibile è stato reso possibile, è diventato il male assoluto, impunibile, imperdonabile, che non poteva essere compreso e spiegato coi malvagi motivi dell'essere egoistico, dell'avidità, dell'invidia, del risentimento, della smania di potere, della vigliaccheria; e che quindi la collera non poteva vendicare, la carità sopportare, l'amicizia perdonare, la legge punire. [...] L'elemento sconcertante del successo del totalitarismo è piuttosto la genuina abnegazione dei suoi seguaci, che non si scandalizzano nemmeno se i perseguitati sono propri compagni di fede; addirittura sono disposti ad autoaccusarsi e ad accettare la condanna a morte, purché non sia toccata la loro posizione di militante."
Nel 1956 J. Friederich e Zbigniew Brzezinski pubblicano un saggio critico, intitolato "Totalitarian Dictatorship and Autocracy". In esso sono accostati fascismo, nazismo e stalinismo e vengono individuati 6 tratti comuni condivisi dai tre totalitarismi:

  • Un'ideologia che intende spiegare e indirizzare ogni aspetto della realtà e dell'esistenza verso un futuro di perfezione;
  • Un partito unico di massa, organizzato gerarchicamente e guidato da un capo carismatico;
  • Il controllo esercitato dal partito e dalla polizia segreta che instaurano un regime di terrore;
  • Il monopolio dei mezzi di comunicazione di massa;
  • Il monopolio dell'uso effettivo di tutti gli strumenti di lotta armata;
  • La concentrazione dei poteri economici nelle mani dello Stato.

    Come poi è stato ribadito al convegno internazionale del 1997 su "L'esperienza totalitaria nel XX secolo" organizzato dall'università di Siena, i sistemi totalitari condividono l'aspirazione a un dominio della storia, aspirazione sostenuta da un'ideologia volta al dominio completo della realtà. Gli atti del convegno ci dicono che "la novità storica e politica del totalitarismo è l'avere costituito non solo una dittatura politica, ma anche un dominio economico, culturale, sociale, finalizzato a un controllo totale sull'uomo e sulla storia".
    E infine, in questa breve carrellata di proposte di definizione, ricordiamo Z.Bauman, docente di sociologia all'università di Leeds. Egli ci parla di "distruzione creativa". Per lui infatti il nazismo e il comunismo sono i due tentativi più audaci di abolire il disordine e l'insicurezza dell'esistenza umana. Questa meta impone che per migliorare si debba distruggere: "Gli stermini di massa del XX secolo sono esercizi di distruzione creativa; concepiti come salutari operazioni chirurgiche e perpetrati nel corso della pavimentazione di una strada verso una società perfetta, armoniosa, libera da conflitti".