La costruzione dello Stato totalitario italiano

Mussolini si pone come uomo rispettoso della legge italiana, capace di riportare l'ordine all'interno dello Stato. Inizialmente il duce ha il compito di formare un governo, che sarà di coalizione di centro-destra, e in seguito istituisce il Gran Consiglio del Fascismo, un organo al vertice del partito fascista e dello Stato, presieduto dallo stesso Mussolini. Inoltre disciplina e legalizza il movimento squadrista, facendolo confluire nella Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale, cioè un corpo che avrebbe dovuto affiancare la polizia, i carabinieri, ecc.. In seguito è approvata la legge Acerbo: il partito che avesse avuto la maggioranza relativa del 25% alle successive elezioni avrebbe avuto il 66% dei seggi in Parlamento. Le elezioni del '24 si svolgono in un clima di terrore, in quanto le squadre fasciste presiedevano i seggi elettorali con atteggiamenti intimidatori, e il "listone" fascista (una lista proposta dal PNF con anche membri liberali e popolari) vince le elezioni. Matteotti, un deputato socialista, decide però in Parlamento di denunciare il clima di terrore in cui si erano svolte le elezioni. Poco dopo verrà ritrovato morto.
A questo punto l'opposizione si ritira dalla Camera (si parla di Aventino, ricordando l'episodio del ritiro della plebe romana sull'omonimo colle in età repubblicana), chiedendo anche l'intervento del re che però non agisce. Nonostante il momento difficile, Mussolini continua ad applicare una tattica bifronte: da una parte prende la strada della "normalizzazione" prendendo misure più moderate per imbrigliare la troppa irruenza di alcuni dei suoi seguaci più "estremi"; dall'altra lancia minacce e limita la libertà di stampa. Il 3 gennaio 1925 Mussolini, rendendosi conto che ormai l'opposizione non può più nulla contro di lui, spiazza tutti con un discorso tenuto alla Camera: "Io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Il governo è abbastanza forte per stroncare la sedizione dell'Aventino. L'Italia, o signori, vuole la tranquillità, vuole la calma laboriosa. Noi questa tranquillità, questa calma laboriosa gliela daremo con l'amore, se è possibile, con la forza, se sarà necessario." Inizia qui la Dittatura del fascismo: sono imbavagliati i giornali di opposizione, sciolte organizzazioni "sovversive", arresti e pestaggi di oppositori.
A dicembre sono emanate le "leggi fascistissime": sono sciolti tutti i partiti, sono vietate le associazioni non fasciste e sono attribuiti poteri speciali al Presidente del Consiglio, tra cui anche quello di veto su qualsiasi legge proposta dalla Camera, e d'ora in poi alle elezioni sarà sempre proposta dal regime una lista unica. Sempre nel '25 sono sciolti tutti i sindacati socialisti e col "patto di Palazzo Vidoni" la Confindustria viene obbligata a trattare solo coi sindacati fascisti. Per quanto riguarda la politica economica dell'Italia, con il fascismo si parla di "quota novanta": visto che la guerra aveva lasciato all'Italia un'estrema debolezza e fragilità finanziaria, il governo fascista si impegna ad attuare una politica deflazionistica per portare il costo della Lira pari a 90 Sterline. Sin dal 1925 è anche promossa la "Battaglia del Grano", per assicurare al Paese il fabbisogno di grano, producendo una diminuzione delle importazioni, a vantaggio però dei latifondisti parassitari, che vedono aumentare i propri profitti, e a svantaggio di più moderne colture specializzate.
Un'altra iniziativa è quella della "bonifica integrale", che si propone di recuperare all'agricoltura tutto il suolo nazionale; sono eliminate terre paludose in Emilia-Romagna, nel Veneto, in Lazio, in Campania, in Puglia, in Calabria, in Sicilia e in Sardegna. Inoltre lo Stato, per rispondere alla crisi del '29, istituirà dei grossi enti (come l'IMI o l'IRI) con lo scopo di trovare fondi alle industrie in via di fallimento o di comprare e statalizzare parti di industrie che stavano per fallire. Il regime ha quindi spesso dimostrato di applicare una politica economica interventista e una presenza sempre più "totalitaria" del potere politico sull'economia. Per quanto riguarda la politica estera del fascismo, il regime ha cercato di ampliare i possedimenti coloniali italiani riconquistando prima di tutto Libia e Albania e in seguito attaccando e sconfiggendo l'Etiopia, presentando agli italiani questa guerra come un'impresa civilizzatrice da parte di un popolo superiore nei confronti di un popolo inferiore, rozzo e sporco.
La società delle nazioni, visto l'attacco dell'Italia ad un altro Stato indipendente, multò questa con sanzioni economiche rispettate inizialmente da molti Paesi, tra cui anche Francia e Inghilterra. Questo significava che l'Italia doveva produrre da sola ciò che prima era abituata ad importare; Mussolini ne approfitta quindi per lanciare una politica di "autarchia": l'Italia sarebbe dovuto diventare autosufficiente e produrre tutto da sola senza l'aiuto di quelle potenze europee che, a livello propagandistico, erano considerate ipocrite poiché penalizzavano l'Italia, che voleva andare a conquistare una piccola colonia, quando loro possedevano i due più grandi imperi coloniali del mondo. Il regime inoltre cerca di assoggettare a sé le masse con l'Opera Nazionale del Dopolavoro, che raccoglie circa il 25% della classe operaia, il 7% dei lavoratori agricoli e l'80% degli impiegati pubblici e privati.
I circoli diffondono l'interesse e la pratica dello sport, in particolare del ciclismo, del calcio e del gioco delle bocce, ma soprattutto si propongono di formare un nuovo tipo di cittadino, integrato nella società di massa, virile, ben socializzato e con un forte spirito i solidarietà di gruppo. Inoltre il fascismo è ben consapevole dell'importanza dell'istruzione (soprattutto della scuola elementare, obbligatoria per tutti), per la creazione del consenso; essa infatti diventa uno degli strumenti più preziosi e importanti di coinvolgimento di tutti nell'accettazione e addirittura nell'esaltazione dello Stato e del suo capo.
Viene fondata inoltre l'Opera Nazionale Balilla che si occupa dei giovani dai sei ai diciotto anni, impegnandoli in attività ginniche, sportive e premilitari, confidando nel carattere formativo dell'agonismo (tipico dello sport) che esalta la prestanza e la potenza fisica, connotati indispensabili del virile uomo fascista. Infine bisogna ricordare che il fascismo, come ogni totalitarismo, si è subito impadronito completamente di ogni mezzo di comunicazione (stampa, radio, cinegiornali) per produrre documenti col compito di dare del regime l'immagine che esso di volta in volta vuole trasmettere di sé in Italia o all'estero.