L'arte del Fascismo

In Italia, il Razionalismo ha avuto uno sviluppo quasi parallelo al fascismo, tanto che spesso si identificò col fascismo stesso, diventandone entro certi limiti l'espressione preferita. Dal punto di vista ideologico infatti il fascismo si proponeva come una forza nuova, giovane e rivoluzionaria (per lo meno agli inizi) e ciò incontrava gli ideali dell'architettura razionalista che esprimeva compiutamente questa volontà di cambiamento e di rifiuto della tradizione. Il regime fascista promuoveva massicce iniziative di carattere urbanistico, dal ridisegno di intere aree urbane, alla costruzione di nuovi edifici pubblici; dalla fondazione di nuove città (come Latina), alla creazione di nuovi quartieri. Ma mentre alcune erano opere di grande importanza, altre erano mosse di propaganda che dovevano dimostrare la grandezza del regime.
Giuseppe Terragni è indubbiamente uno degli esponenti più importanti di questo Razionalismo italiano. Egli aderisce pienamente al PNF, pensando di vedere una forza politica innovatrice, ma se ne allontana quando scopre la vera essenza di questo regime in realtà totalitario. La Casa del Fascio (prima, seconda e terza visuale) è un edificio di pianta quadrata con l'altezza esattamente uguale alla metà del lato di base. La facce sono scandite da aperture quadrate e l'estrema geometrizzazione della facciata sembra un riferimento simbolico a quel ritorno all'ordine di cui il fascismo si riteneva promotore.
Con il consolidarsi del regime, anche l'arte muta facendosi sempre più monumentale: gli intonaci fanno spazio ai marmi, le proporzioni diventano enormi, la chiarezza geometrica lascia il posto alla presenza scenografica. Ne è un esempio il Palazzo di Giustizia a Milano, di Marcello Piacentini, in cui questi nuovi elementi fanno entrare l'opera in contraddizione con l'iniziale significato razionalista che l'arte fascista si proponeva.
Un altro importante esponente del razionalismo italiano è Giovanni Michelucci. Nato a Pistoia, si forma all'Accademia di Belle Arti e partecipa al concorso del 1932 per la costruzione della nuova Stazione Ferroviaria di Santa Maria Novella insieme a cinque suoi collaboratori, costituendo insieme, per l'occasione, il Gruppo Toscano. Gli accademici ironizzavano sul progetto di Piacentini, ma d'altra parte i razionalisti ne erano entusiasti. Alla delicatezza della scelta urbanistica (bisognava intervenire a poche centinaia di metri dall'abside della Basilica di Santa Maria Novella), si aggiungeva la disputa ideologica: se il fascismo avesse dato via libera al progetto, sarebbe stato un implicito riconoscimento della validità delle teorie razionaliste e moderniste. Fu Piacentini che, da mediatore, spalleggiando il progetto, riuscì a convincere direttamente Mussolini a dare al gruppo il suo definitivo appoggio. Una volta approvato, il progetto fu concluso in brevissimo tempo, grazie anche all'uso di calcestruzzo e cemento e adesso rappresenta un valido esempio dell'architettura razionalista italiana. L'opera presenta vari pregi, ad esempio quello di essere sviluppata per lo più orizzontalmente, in modo da non contrapporsi urbanisticamente antagonistico alla vicina basilica. Inoltre la forma semplice e squadrata è determinata direttamente dalla funzione dell'edificio, come del resto ogni sua parte: l'immediata riconoscibilità delle funzioni di ogni locale, infatti, determina anche la scelta delle forme esterne. Il rivestimento esterno è in pietra forte, in modo da accordarsi a quello di Santa Maria Novella, con cui l'architettura vuole rapportarsi e non contrapporsi. E' infatti degna di nota la volontà di Michelucci di rapportarsi costantemente con l'esistente, con la storia e con i materiali di un determinato luogo nonché con l'uomo, la sua misura e le sue esigenza.