Quinta Egloga

MENALCAS

    Cur non, Mopse, boni quoniam conuenimus ambo

    tu calamos inflare leuis, ego dicere uersus,

    hic corylis mixtas inter consedimus ulmos?

   

MOPSUS

    Tu maior; tibi me est aequom parere, Menalca,   5

    siue sub incertas Zephyris motantibus umbras,  

    siue antro potius succecimus. Aspice ut antrum  

    siluestris raris sparsit labrusca racemis.

   

MENALCAS

    Montibus in nostris solus tibi certat Amyntas.

MENALCA

Perché, o Mopso - dal momento che ci siamo incontrati entrambi capaci, tu di soffiare le canne leggere della zampogna, io di cantare versi - non sediamo insieme qui tra gli olmi misti ai nocciòli?

 

MOPSO

Tu mi sei maggiore; è giusto che io ti ubbidisca, Menalca, sia che ripariamo alle ombre incerte degli alberi mentre soffiano gli Zefiri, sia piuttosto nella grotta. Guarda come la lambrusca selvatica ha cosparso la grotta di grappoli rari.

 

MENALCA

Qui sui nostri monti solo Aminta può gareggiare con te.

MOPSUS 

    Quid, si idem certet Phoebum superare canendo?

   

MENALCAS

    Incipe, Mopse, prior, si quos aut Phyllidis ignis    10

    aut Alconis habes laudes aut iurgia Codri;  

    incipe; pascentis seruabit Tityrus haedos.

   

MOPSUS 

    Immo haec in uiridi nuper quae cortice fagi

    carmina descripsi et modulans alterna notaui,    15

    experiar: tu deinde iubeto certet Amyntas.

 

MENALCAS

    Lenta salix quantum pallenti cedit oliuae,

    puniceis humilis quantum saliunca rosetis,

    iudicio nostro tantum tibi cedit Amyntas.

    Sed tu desine plura, puer; successimus antro.

MOPSO

Che mai? egli gareggerebbe nel canto per superare anche Apollo.

 

MENALCA

Comincia tu, Mopso, per primo, se hai pronte o fiamme d'amore di Filli o elogi di Alcone o liti di Codro; comincia, Titiro curerà i capretti al pascolo.

 

MOPSO

Proverò piuttosto questi carmi, che ho iscritto poco fa sulla verde corteccia di un faggio ed ho intonato con ritmo alterno : tu poscia ordina che Aminta gareggi.

 

MENALCA

Quanto il salice flessibile è inferiore al pallido olivo, quanto l'umile saliunca ai purpurei roseti, tanto a mio giudizio ti è inferiore Aminta. Ma tu non dire altro, ragazzo: siamo entrati nella grotta.

 

 MOPSUS

    Exstinctum Nymphae crudeli funere Daphnim    20

    flebant (uos coryli testes et flumina Nymphis) 

    cum complexa sui corpus miserabile nati  

    atque deos atque astra uocat crudelia mater.

    Non ulli pastos illis egere diebus     25

    frigida, Daphni, boues ad flumina: nulla neque amnem

    libauit quadrupes, nec graminis attigit herbam.

    Daphni, tuom Poenos etiam ingemuisse leones

    interitum montesque feri siluaque loquontur.

    Daphnis et Armenias curru subiungere tigris     30

    instituit; Daphnis thiasos inducere Bacchi,

    et foliis lentas intexere mollibus hastas.

    Vitis ut arboribus decori est, ut uitibus uuae,

    ut gregibus tauri, segetes ut pinguibus aruis, 

    tu decus omne tuis. Postquam te fata tulerunt,      35

    ipsa Pales agros atque ipse reliquit Apollo.

MOPSO

Le Ninfe piangevano Dafni spento da morte crudele; voi testimoni per le Ninfe, nocciòli e fiumi, quando la madre abbracciando il cadavere miserevole di suo figlio chiama crudeli gli dei e le stelle.

Nessuno spinse in quei giorni i buoi dal pascolo alle fresche correnti, o Dafni; nessun quadrupede né gustò un sorso d'acqua né toccò un germoglio d'erba. Dafni, i monti selvaggi e le foreste raccontano che anche i leoni punici hanno pianto la tua morte.

Dafni insegnò ad aggiogare al carro perfino le tigri armene, Dafni ad introdurre le processioni di Bacco e ad intrecciare rami flessibili con tenere foglie. Come la vite orna le piante, come l'uva le viti, come i tori le mandrie, come le messi i fertili campi, tu sei tutto l'ornamento dei tuoi. Dopo che i fati ti hanno rapito, anche Pales ha abbandonato i campi ed anche Apollo.

  Grandia saepe quibus mandauimus hordea sulcis,

  infelix lolium et steriles nascuntur auenae;  

    pro molli uiola, pro purpureo narcisso  

    carduos et spinis surgit paliurus acutis.    40

    Spargite humum foliis, inducite fontibus umbras,

    pastores (mandat fieri sibi talia Daphnis),

    et tumulum facite, et tumulo superaddite carmen:

    Daphnis ego in siluis hinc usque ad sidera notus

    formosi pecoris custos formosior ipse.

Nei solchi a cui più volte affidammo grandi semi di orzo crescono loglio infecondo e sterile avena; al posto della tenera viola e del purpureo narciso sorgono il cardo e la marruca dalle spine acuminate. Cospargete la terra di foglie, ricoprite d'ombra le fonti, pastori: Dafni raccomanda che per lui si facciano tali onoranze; e costruite un tumulo e sul tumulo incidete l'epitafio: «Io Dafni nei boschi, e di qui noto fino alle stelle, custode di un bel gregge, io stesso più bello».

MENALCAS

    Tale tuom carmen nobis, diuine poeta,  45

    quale sopor fessis in gramine, quale per aestum  

    dulcis aquae saliente sitim restinguere riuo.

    Nec calamis solum aequiperas, sed uoc magistrum;

    fortunate puer, tu nunc eris alter ab illo.     50

    Nos tamen haec quocumque modo tibi nostra uicissim

    dicemus, Daphnimque tuom tollemus ad astra;

    Daphnim ad astra feremus: amauit nos quoque Daphnis.

MENALCA

Tale è il tuo canto per noi, divino poeta, come il sonno per coloro che giacciono stanchi sull'erba, come spegnere la sete durante la calura ad un rivo zampillante di acqua dolce. Tu eguagli il maestro non solo con la zampogna, ma con la voce: ragazzo fortunato, tu ora sarai il secondo dopo di lui. Ma adesso io ti canterò a mia volta come meglio potrò questi miei carmi, ed alzerò il tuo Dafni alle stelle, innalzerò Dafni alle stelle: anche a me Dafni ha voluto bene.

MOPSUS

    An quicquam nobis tali sit munere maius?

    Et puer ipse fuit cantari dignus, et ista     55

    iam pridem Stimichon laudauit carmina nobis.

   

MENALCAS 

    Candidus insuetum miratur limen Olympi

    sub pedibus uidet nubes et sidera Daphnis.

    Ergo alacris siluas et cetera rura uoluptas

    Panaque pastoresque tenet Dryadasque puellas.   60

    Nec lupus insidias pecori, nec retia ceruis

    ulla dolum meditantur: amat bonus otia Daphnis.

    Ipsi laetitia uoces ad sidera iactant

    intonsi montes; ipsae iam carmina rupes,

    ipsa sonant arbusta: "Deus, deus ille, Menalca!"   65

MOPSO

Ci potrebbe essere per me qualcosa di più prezioso di un tale dono? Certo il fanciullo era degno per sé di essere cantato e già da tempo Stimicone mi ha elogiato questi tuoi versi.

 

MENALCA

Radioso, Dafni guarda con meraviglia l'insolita entrata dell'Olimpo e scorge sotto i piedi le nubi e le stelle. Allora un intenso piacere pervade i boschi e le altre campagne e Pan e i pastori e le fanciulle Driadi.

Né il lupo tende insidie al bestiame, né le reti da caccia trappole ai cervi: benefico Dafni predilige la quiete. Anche i monti selvosi lanciano grida di gioia alle stelle, anche le rupi alzano ora canti, anche gli alberi esclamano: «Un dio, egli è un dio, Menalca!»

    Sis bonus o felixque tuis! En quattuor aras:

    ecce duas tibi, Daphni, duas altaria Phoebo.

    Pocula bina nouo spumantia lacte quotannis,

    craterasque duo statuam tibi pinguis oliui,

    et multo in primis hilarans conuiuia Baccho,    70

    ante focum, si frigus erit, si messis, in umbra,

    uina nouom fundam calathis Ariusia nectar.

    Cantabunt mihi Damoetas et Lyctius Aegon;

    saltantis Satyros imitabitur Alphesiboeus.

    Haec tibi semper erunt, et cum sollemnia uota    75

    reddemus Nymphis, et cum lustrabimus agros.

    Dum iuga montis aper, fluuios dum piscis amabit,  

    dumque thymo pascentur apes, dum rore cicadae,

    semper honos nomenque tuom laudesque manebunt.

    Vt Baccho Cererique, tibi sic uota quotannis    80

    agricolae facient: damnabis tu quoque uotis.

Oh, sii benefico e propizio ai tuoi! Ecco quattro are: eccone due per te, Dafni, due come altari per Febo. Tutti gli anni ti collocherò due coppe spumeggianti di latte fresco su ogni ara e un vaso di grasso olio, e rallegrando il convito prima di tutto con molto vino, davanti al focolare se farà freddo, all'ombra se sarà la stagione delle messi, verserò nei calici vino Ariusio, nuovo nettare. Per me canteranno Dameta e il littio Egone; Alfesibeo mimerà i Satiri danzanti. Sempre avrai questi onori, sia quando renderemo i voti di ogni anno alle Ninfe, sia quando purificheremo i campi.

Finché il cinghiale amerà i gioghi del monte, finché il pesce i corsi d'acqua, finché si nutriranno di timo le api, di rugiada le cicale, sempre dureranno il tuo onore e il nome tuo e la tua gloria. Come a Bacco e a Cerere, così a te faranno voti ogni anno i contadini; anche tu li costringerai a compiere i voti.

MOPSUS 

    Quae tibi, quae tali reddam pro carmine dona?

    Nam neque me tantum uenientes sibilus Austri

    nec percussa iuuant fluctu tam litora, nec quae

    saxosas inter decurrunt flumina uallis.

   

MENALCAS

    Hac te nos fragili donabimus ante cicuta:   85

    haec nos "Formosum Corydon ardebat Alexim",

    haec eadem docuit "Cuium pecus? an Meliboei?"

   

MOPSUS

    At tu sume pedum, quod, me cum saepe rogaret,

    non tulit Antigenes (et erat tum dignus amari),   90

    formosum paribus nodis atque aere, Menalca.

MOPSO

Quali, quali doni ti darò per una canzone come questa? che altrettanto non giungono a piacermi né il sibilo dell'Austro che si leva, né le spiagge battute dai flutti, né i fiumi che scorrono per le valli sassose.

 

MENALCA

Prima io ti farò dono di questo flauto delicato; questo mi insegnò: «Coridone ardeva per il bell'Alessi», questo: «Di chi è il gregge? forse di Melibeo?»

 

MOPSO

Ma tu, Menalca, prendi il bastone, bello per i nodi uguali e il puntale di bronzo: benché spesso me lo abbia richiesto Antigene, non l'ha ottenuto (eppure allora era ben degno di essere amato).