26. Caesar, cum VII. legionem, quae iuxta constiterat, item urgeri ab hoste vidisset, tribunos militum monuit ut paulatim sese legiones coniungerent et conversa signa in hostes inferrent. Quo facto cum aliis alii subsidium ferrent neque timerent ne aversi ab hoste circumvenirentur, audacius resistere ac fortius pugnare coeperunt. Interim milites legionum duarum quae in novissimo agmine praesidio impedimentis fuerant, proelio nuntiato, cursu incitato in summo colle ab hostibus conspiciebantur, et T.Labienus castris hostium potitus et ex loco superiore quae res in nostris castris gererentur conspicatus X.legionem subsidio nostris misit. Qui cum ex equitum et calonum fuga quo in loco res esset quantoque in periculo et castra et legiones et imperator versaretur cognovissent, nihil ad celeritatem sibi reliqui fecerunt. 26. Cesare, avendo visto che la VII legione, attestata lì di fianco, era incalzata anch'essa dal nemico, consigliò ai tribuni dei soldati di affiancare gradualmente le due legioni e, operata una conversione, attaccare. Con questa manovra i soldati, potendosi portare reciproco aiuto, e non temendo più di essere accerchiati, si dettero ad opporre una più coraggiosa resistenza e a combattere con maggior vigore. Frattanto le due legioni che, nella retroguardia, erano state di scorta alle salmerie, avendo saputo che si combatteva, a passo di corsa raggiunsero la cima del colle ed apparvero al nemico, mentre Labieno, conquistato il campo nemico, vedendo dall'alto quanto stava accadendo nel nostro accampamento, mandò in aiuto la X legione. Questi, come si resero conto dalla fuga dei cavalieri e dei caloni, della gravità della situazione e dell'estremo pericolo in cui si trovavano l'accampamento e le legioni ed il generale, non lasciarono nulla di intentato per arrivare al più presto.
   
27. Horum adventu tanta rerum commutatio est facta ut nostri, etiam qui vulneribus confecti procubuissent, scutis innixi proelium redintegrarent, calones perterritos hostes conspicati etiam inermes armatis occurrerent, equites vero, ut turpitudinem fugae virtute delerent, omnibus in locis pugnae se legionariis militibus praeferrent. At hostes, etiam in extrema spe salutis, tantam virtutem praestiterunt ut, cum primi eorum cecidissent, proximi iacentibus insisterent atque ex eorum corporibus pugnarent, his deiectis et coacervatis cadaveribus qui superessent ut ex tumulo tela in nostros conicerent et pila intercepta remitterent: ut non nequiquam tantae virtutis homines iudicari deberet ausos esse transire latissimum flumen, ascendere altissimas ripas, subire iniquissimum locum; quae facilia ex difficillimis animi magnitudo redegerat. 27. Il loro arrivo provocò un tale capovolgimento della situazio­ne che anche coloro che, sfiniti per le ferite, giacevano al suolo, appoggiandosi agli scudi, ricominciarono a combattere. I caloni, visti i nemici atterriti, benché inermi, si slanciarono contro di loro che erano armati, ed anche i cavalieri, per cancellare con prove di valore l'onta della fuga, precedevano i legionari dovunque ci fosse da combattere.'Ma i nemici, sebbene non avessero più alcuna speranza, diedero prova di un tale coraggio che, caduti quelli delle prime file, coloro che seguivano combattevano stando sui corpi dei caduti, abbattuti anch'essi, si formavano mucchi di cadaveri, dalla cima dei quali, come da un'altura, i superstiti lanciavano frecce sui nostri e scagliavano indietro i giavellotti che riuscivano a recuperare. Bisognava credere che non senza motivo uomini di tale coraggio avessero osato attraversare un larghissimo fiume, scalare un monte così alto, attaccare in una posizione così sfavorevole: imprese irrealizzabili che il loro eroismo aveva reso possibili.
   
28. Hoc proelio facto et prope ad internecionem gente ac nomine Nerviorum redacto, maiores natu, quos una cum pueris mulieribusque in aestuaria ac paludes coniectos dixeramus, hac pugna nuntiata, cum victoribus nihil impeditum, victis nihil tutum arbitrarentur, omnium qui supererant consensu legatos ad Caesarem miserunt seque ei dediderunt; et in commemoranda civitatis calamitate ex DC ad tres senatores, ex hominum milibus LX vix ad D, qui arma ferre possent, sese redactos esse dixerunt. Quos Caesar, ut in miseros ac supplices usus misericordia videretur, diligentissime conservavit suisque finibus atque oppidis uti iussit et finitimis imperavit ut ab iniuria et maleficio se suosque prohiberent. 28. Dopo questo scontro, quasi estinta la stirpe ed il nome dei Nervi, gli anziani che, come abbiamo detto, si erano rifugiati con le donne e i bambini nelle paludi e nelle lagune, alla notizia dell'esito della battaglia, giudicando che non vi fosse più limite al potere dei vincitori e nessuna sicurezza per i vinti, con il consenso di tutti i superstiti, mandarono ambasciatori a Cesare e si consegnarono a lui e, nel ricordare la disfatta subita dalla loro nazione, dissero di essersi ridotti da seicento a tre senatori e, da sessantamila, a mala pena a cinquecento uomini atti alle armi. Cesare, perché la sua clemenza nei confronti dei miseri e dei supplici risultasse evidente, mise ogni cura nel tutelarli, li lasciò nelle loro terre e nelle loro città, ed impose ai popoli confinati di astenersi, loro ed i loro alleati, dal recar offese o danni a questo popolo.
   
29. Atuatuci, de quibus supra diximus, cum omnibus copiis auxilio Nerviis venirent, hac pugna nuntiata ex itinere domum reverterunt; cunctis oppidis castellisque desertis sua omnia in unum oppidum egregie natura munitum contulerunt. Quod cum ex omnibus in circuitu partibus altissimas rupes deiectusque haberet, una ex parte leniter acclivis aditus in latitudinem non amplius pedum CC relinquebatur; quem locum duplici altissimo muro munierant; tum magni ponderis saxa et praeacutas trabes in muro conlocabant. Ipsi erant ex Cimbris Teutonisque prognati, qui, cum iter in provinciam nostram atque Italiam facerent, iis impedimentis quae secum agere ac portare non poterant citra flumen Rhenum depositis custodiam [ex suis] ac praesidium VI milia hominum una reliquerant. Hi post eorum obitum multos annos a finitimis exagitati, cum alias bellum inferrent, alias inlatum defenderent, consensu eorum omnium pace facta hunc sibi domicilio locum delegerant. 29. Gli Atuatuci, dei quali abbiamo precedentemente detto, stavano venendo in aiuto dei Nervi con tutto il loro esercito quando, conosciuto l'esito della battaglia, senza neppure fermarsi, tornarono in patria, dove, abbandonate tutte le città e villaggi fortificati, si asserragliarono con tutti i loro averi in una sola fortezza molto ben difesa per la sua posizione naturale. Era infatti da ogni parte circondata da altissime rupi dalle quali la vista spaziava, queste lasciavano aperto soltanto un varco, non più largo di duecento piedi, in lieve pendio, che era stato fortificato con un duplice altissimo muro sul quale ora collocavano enormi massi e travi acuminate. Gli Atuatuci discendevano dai Cimbri e Teutoni che, all'epoca dell'invasione della nostra provincia e dell'Italia, avevano affidato, al di là del Reno, la custodia e la difesa della salmerie che non potevano portarsi dietro a seimila di loro. Questi, dopo lo sterminio dei Cimbri e Teutoni, erano stati per molti anni travagliati da lotte con i popoli vicini, attaccando o difendendosi, finché, fatta la pace, con il generale consenso, avevano scelto di stabilirsi nella regione in cui si trovavano.
   
30. Ac primo adventu exercitus nostri crebras ex oppido excursiones faciebant parvulisque proeliis cum nostris contendebant; postea vallo pedum XII in circuitu quindecim milium crebrisque castellis circummuniti oppido sese continebant. Ubi vineis actis aggere extructo turrim procul constitui viderunt, primum inridere ex muro atque increpitare vocibus, quod tanta machinatio a tanto spatio institueretur: quibusnam manibus aut quibus viribus praesertim homines tantulae staturae (nam plerumque omnibus Gallis prae magnitudine corporum quorum brevitas nostra contemptui est) tanti oneris turrim in muro sese posse conlocare confiderent? 30. All'arrivo del nostro esercito, nei primi tempi, gli Atuatuci facevano frequenti sortite e si scontravano con i nostri in brevi scaramucce: in un secondo momento, quando si videro circondati da un vallo di quindicimila piedi con numerose torri fortificate, si tennero nella città. Quando videro che, avanzate le vinee e innalzato il terrapieno, si stava costruendo, lontano, una torre, subito, dall'alto delle mura, cominciarono a deriderci e a schernirci domandando perché mai stessimo costruendo a tanta distanza un macchinario così imponente: con quali mani e con quali forze degli ometti così piccoli - per i Galli infatti, in generale, la nostra statura, piccola rispetto all'imponenza dei loro corpi, è oggetto di disprezzo - credevano di poter avvicinare al muro una torre così pesante?