36. His rebus permotus Quintus Titurius, cum procul Ambiorigem suos cohortantem conspexisset, interpretem suum Gnaeum Pompeium ad eum mittit rogatum ut sibi militibusque parcat. Ille appellatus respondit: si velit secum colloqui, licere; sperare a multitudine impetrari posse, quod ad militum salutem pertineat; ipsi vero nihil nocitum iri, inque eam rem se suam fidem interponere. Ille cum Cotta saucio communicat, si videatur, pugna ut excedant et cum Ambiorige una colloquantur: sperare ab eo de sua ac militum salute impetrari posse. Cotta se ad armatum hostem iturum negat atque in eo perseverat. 36. Quinto Titurio, sconvolto da questi avvenimenti, visto da lon­tano Ambiorige nell'atto di incitare i suoi, gli manda il suo inter­rete Gneo Pompeo per chiedergli di risparmiare lui ed i suoi soldati. Alla richiesta egli rispose che gli consentiva, se voleva, di conferire con lui; sperava di poter ottenere dal popolo la salvezza dei soldati; a lui non sarebbe stato fatto alcun male, e questo poteva garantirlo personalmente. Titurio si consulta con Cotta ferito: se gli sembrava opportuno, potevano allontanarsi dal campo di battaglia e andare insieme a colloquio con Ambiorige, sperava di poter ottenere salva la vita per loro e per i soldati. Cotta rifiuta di recarsi dal nemico in armi e persiste nella sua decisione.
   
37. Sabinus quos in praesentia tribunos militum circum se habebat et primorum ordinum centuriones se sequi iubet et, cum propius Ambiorigem accessisset, iussus arma abicere imperatum facit suisque ut idem faciant imperat. Interim, dum de condicionibus inter se agunt longiorque consulto ab Ambiorige instituitur sermo, paulatim circumventus interficitur. Tum vero suo more victoriam conclamant atque ululatum tollunt impetuque in nostros facto ordines perturbant. Ibi Lucius Cotta pugnans interficitur cum maxima parte militum. Reliqui se in castra recipiunt unde erant egressi. Ex quibus Lucius Petrosidius aquilifer, cum magna multitudine hostium premeretur, aquilam intra vallum proiecit; ipse pro castris fortissime pugnans occiditur. Illi aegre ad noctem oppugnationem sustinent; noctu ad unum omnes desperata salute se ipsi interficiunt. Pauci ex proelio lapsi incertis itineribus per silvas ad Titum Labienum legatum in hiberna perveniunt atque eum de rebus gestis certiorem faciunt. 37. Sabino ordina ai tribuni dei soldati e ai centurioni dei primi ordini che gli stavano intorno in quel momento di seguirlo e, accostatosi ad Ambiorige, riceve l'ordine di gettare le armi, obbedisce all'ordine e ordina ai suoi di fare altrettanto. Nel frattempo, mentre trattano tra di loro le condizioni della resa, ed Ambiorige, di proposito, tira in lungo la faccenda, poco a poco viene circondato e ucciso. Allora, come è loro costume, i nemici gridano vittoria e, urlando, si gettano all'assalto scompigliando le nostre file. Fu allora che Lucio Cotta cadde combattendo con la maggior parte dei soldati. I superstiti si rifugiano nell'accampamento dal quale erano partiti. Tra questi, l'aquilifero Lucio Petrosidio, incalzato da molti nemici, getta l'aquila al di là del vallo e cade davanti all'accampamento combattendo valorosamente. Gli altri a stento resistono all'assedio fino a notte, poi, perduta ogni speranza di salvezza, si uccidono tutti, fino all'ultimo. I pochi scampati alla battaglia, raggiungono per vie malsicure, attraverso i boschi, il quartiere invernale di Tito Labieno e lo informano dell'accaduto.
   
38. Hac victoria sublatus Ambiorix statim cum equitatu in Aduatucos, qui erant eius regno finitimi, proficiscitur; neque noctem neque diem intermittit pedita tumque subsequi iubet. Re demonstrata Aduatucisque concitatis postero die in Nervios pervenit hortaturque, ne sui in perpetuum liberandi atque ulciscendi Romanos pro eis quas acceperint iniuriis occasionem dimittant: interfectos esse legatos duos magnamque partem exercitus interisse demonstrat; nihil esse negoti subito oppressam legionem quae cum Cicerone hiemet interfici; se ad eam rem profitetur adiutorem. Facile hac oratione Nerviis persuadet. 38. Esaltato da questa vittoria, Ambiorige parte immediatamente con la cavalleria per recarsi dagli Atuatuci, che confinavano con il suo regno, senza fermarsi né di giorno né di notte, e ordina alla fanteria di seguirlo. Illustrato l'accaduto e indotti alla ribellione gli Atuatuci, si reca il giorno successivo presso i Nervi e li esorta a non perdere l'occasione di riconquistare per sempre la libertà e di vendicarsi delle offese ricevute dai Romani. Spiega come due legati siano stati uccisi con gran parte dell'esercito; attaccare improvvisamente la legione che svernava lì con Cicerone e massacrarla sarebbe stato un affare da nulla. Promette il suo aiuto nell'impresa. Con questo discorso persuade facilmente i Nervi.
   
39. Itaque confestim dimissis nuntiis ad Ceutrones, Grudios, Levacos, Pleumoxios, Geidumnos, qui omnes sub eorum imperio sunt, quam maximas manus possunt cogunt et de improviso ad Ciceronis hiberna advolant nondum ad eum fama de Tituri morte perlata. Huic quoque accidit, quod fuit necesse, ut nonnulli milites, qui lignationis munitionisque causa in silvas discessissent, repentino equitum adventu interciperentur. His circumventis magna manu Eburones, Nervii, Aduatuci atque horum omnium socii et clientes legionem oppugnare incipiunt. Nostri celeriter ad arma concurrunt, vallum conscendunt. Aegre is dies sustentatur, quod omnem spem hostes in celeritate ponebant atque hanc adepti victoriam in perpetuum se fore victores confidebant. 39. Si affrettano quindi ad inviare messaggeri ai Ceutroni, ai Grudi, ai Levaci, ai Pleumossi, ai Geidunni , tutti popoli posti sotto la loro autorità, raccolgono il maggior numero possibile di truppe e improvvisamente si precipitano contro l'accampamento invernale di Cicerone, cui ancora non era giunta notizia della morte di Titurio. Anche qui accadde che  come era inevitabile  alcuni soldati, allontanatisi nei boschi in cerca di legna da ardere e da costruzione, fossero intercettati dall'improvviso arrivo di cavalieri nemici. Dopo averli circondati con ingenti forze, Eburoni, Nervi, Atuatuci, con tutti i loro alleati e clienti, danno l'assalto alla legione. Rapidamente i nostri si armano e prendono posizione sul vallo: Quel giorno si resistette a fatica, perché i nemici riponevano ogni speranza nella rapidità dell'azione e, una volta conseguita questa vittoria, confidavano poi nella vittoria finale.
   
40. Mittuntur ad Caesarem confestim ab Cicerone litterae magnis propositis praemiis, si pertulissent: obsessis omnibus viis missi intercipiuntur. Noctu ex materia, quam munitionis causa comportaverant, turres admodum CXX excitantur incredibili celeritate; quae deesse operi videbantur, perficiuntur. Hostes postero die multo maioribus coactis copiis castra oppugnant, fossam complent. Eadem ratione, qua pridie, ab nostris resistitur. Hoc idem reliquis deinceps fit diebus. Nulla pars nocturni temporis ad laborem intermittitur; non aegris, non vulneratis facultas quietis datur. Quaecumque ad proximi diei oppugnationem opus sunt noctu comparantur; multae praeustae sudes, magnus muralium pilorum numerus instituitur; turres contabulantur, pinnae loricaeque ex cratibus attexuntur. Ipse Cicero, cum tenuissima valetudine esset, ne nocturnum quidem sibi tempus ad quietem relinquebat, ut ultro militum concursu ae vocibus sibi parcere cogeretur. 40. Immediatamente, Cicerone invia messaggi a Cesare, con la promessa di grandi ricompense per chi fosse riuscito a portarli a destinazione, ma tutte le strade sono controllate e i messaggeri vengono intercettati. Durante la notte, usando il legname raccolto per le fortificazioni, con incredibile velocità, costruiscono almeno centoventi torri e si completano le opere di fortificazione là dove sembrano carenti. Il giorno dopo, i nemici riprendono l'assedio con truppe assai più numerose e riempiono il fossato. I nostri resi­stono allo stesso modo del giorno precedente. La situazione si ripropone identica nei giorni successivi. Non c'è un attimo di riposo nemmeno di notte; non viene data facoltà di riposarsi nemmeno ai malati e ai feriti. Di notte si appronta quanto è necessario per affrontare l'assedio del giorno successivo: si preparano molti pali in­duriti col fuoco e un gran numero di giavellotti da assedio. Si montano piattaforme sulle torri, vi si connettono merli e parapetti di graticci. Lo stesso Cicerone, per quanto di salute molto malferma, non si concede neanche un momento di sonno, finché i soldati, stringendosi intorno a lui e pregandolo, non lo costrinsero a prendere un po' di riposo.