51. Quibus omnibus rebus hostes invitati copias traducunt aciemque iniquo loco constituunt, nostris vero etiam de vallo deductis propius accedunt et tela intra munitionem ex omnibus partibus coniciunt praeconibusque circummissis pronuntiari iubent, seu quis Gallus seu Romanus velit ante horam tertiam ad se transire, sine periculo licere; post id tempus non fore potestatem: ac sic nostros contempserunt, ut obstructis in speciem portis singulis ordinibus caespitum, quod ea non posse introrumpere videbantur, alii vallum manu scindere, alii fossas complere inciperent. Tum Caesar omnibus portis eruptione facta equitatuque emisso celeriter hostes in fugam dat, sic uti omnino pugnandi causa resisteret nemo, magnumque ex eis numerum occidit atque omnes armis exuit. 51. 1 nemici, attirati da tutti questi stratagemmi, trasferiscono le truppe sull'altro lato della valle e si schierano a battaglia in posizione sfavorevole e, avendo noi persino sguarnito una parte dei vallo, si fanno ancora più sotto, lanciando da ogni parte una grande quantità di proiettili al di qua delle fortificazioni. Mandano poi dei banditori tutto intorno al campo ad annunciare che, se qualche Gallo o qualche Romano avesse voluto passare dalla loro parte entro l'ora terza, poteva farlo senza alcun pericolo; scaduto tale termine non sarebbe più stato possibile. Il loro disprezzo nei nostri confronti arrivò a tal punto che, credendo di non poter fare irruzione attraverso le porte, che erano state bloccate solo apparentemente con una sola fila di zolle, alcuni si diedero ad abbattere il vallo con le mani e altri a riempire il fossato. Allora Cesare, fatta una sortita da tutte le porte e mandata rapidamente all'assalto la cavalleria, mette in fuga il nemico, al punto che nessuno riuscì nemmeno a fermarsi per combattere, infliggendogli gravissime perdite e costringendo tutti a deporre le armi.
   
52. Longius prosequi veritus, quod silvae paludesque intercedebant neque etiam parvulo detrimento illorum locum relinqui videbat, omnibus suis incolumibus copiis eodem die ad Ciceronem pervenit. Institutas turres, testudines munitionesque hostium admiratur; legione producta cognoscit non decimum quemque esse reliquum militem sine vulnere: ex his omnibus iudicat rebus, quanto cum periculo et quanta cum virtute res sint administratae. Ciceronem pro eius merito legionemque collaudat; centuriones singillatim tribunosquc militum appellat, quorum egregiam fuisse virtutem testimonio Ciceronis cognoverat. De casu Sabini et Cottae certius ex captivis cognoscit. Postero die contione habita rem gestam proponit, milites consolatur et confirmat: quod detrimentum culpa et temeritate legati sit acceptum, hoc aequiore animo ferendum docet, quod beneficio deorum immortalium et virtute eorum expiato incommodo neque hostibus diutina laetatio neque ipsis longior dolor relinquatur. 52. Ritenendo pericoloso protrarre l'inseguimento, perché la zona era piena di foreste e paludi  e si rendeva conto che non vi era modo di infliggere al nemico il benché minimo danno  quello stesso giorno, senza aver subito nessuna perdita, giunge al campo di Cicerone. Osserva con stupore le torri, le testuggini e le fortificazioni costruite dal nemico; passata in rassegna la legione, constata che nemmeno un decimo dei soldati era rimasto immune da ferite; da tutti questi fatti giudica con quanto rischio e con quanto coraggio sia stata affrontata la situazione. Elogia Cicerone e la legione per i loro meriti; chiama unq per uno i centuríoni e i tribuni dei soldati che sapeva, dalla testimonianza di Cicerone, essersi comportati con grandissimo coraggio. Apprende dai prigionieri maggiori particolari sul caso di Sabino e Cotta. Il giorno successivo, convocata l'assemblea dei soldati, espone l'accaduto, incoraggia e rassicura i soldati; spiega che la disfatta subita per colpa e imprudenza di un legato deve essere sopportata con animo tanto più sereno in quanto, essendo stato il disonore cancellato per grazia degli dèi immortali e per il loro valore, i nemici non avevano più molto da rallegrarsi, né il loro dolore sarebbe durato più a lungo.
   
 53. Interim ad Labienum per Remos incredibili celeritate de victoria Caesaris fama perfertur, ut, cum ab hibernis Ciceronis milia passuum abesset circiter LX, eoque post horam nonam diei Caesar pervenisset, ante mediam noctem ad portas castrorum clamor oreretur, quo clamore significatio victoriae gratulatioque ab Remis Labieno fieret. Hac fama ad Treveros perlata Indutiomarus, qui postero die castra Labieni oppugnare decreverat, noctu profugit copiasque omnes in Treveros reducit. Caesar Fabium cum sua legione remittit in hiberna, ipse cum tribus legionibus circum Samarobrivam trinis hibernis hiemare constituit et, quod tanti motus Galliae exstiterant, totam hiemem ipse ad exercitum manere decrevit. Nam illo incommodo de Sabini morte perlato omnes fere Galliae civitates de bello consultabant, nuntios legationesque in omnes partes dimittebant et quid reliqui consili caperent atque unde initium belli fieret explorabant nocturnaque in locis desertis concilia habebant. Neque ullum fere totius hiemis tempus sine sollicitudine Caesaris intercessit, quin aliquem de consiliis ac motu Gallorum nuntium acciperet. In his ab Lucio Roscio, quem legioni tertiae decimae praefecerat, certior factus est magnas Gallorum copias earum civitatum, quae Armoricae appellantur, oppugnandi sui causa convenisse neque longius milia passuum octo ab hibernis suis afuisse, sed nuntio allato de victoria Caesaris discessisse, adeo ut fugae similis discessus videretur. 53. Intanto la fama della vittoria di Cesare si diffonde con incredibile velocità attraverso il paese dei Remi e giunge fino a Labieno: tanto che, pur trovandosi l'accampamento invernale di Cicerone a sessanta miglia di distanza, ed essendovi Cesare arrivato all'ora nona, prima della mezzanotte alle porte dell'accampamento di Labieno si levò un clamore: erano le grida dei Remi che, congratulandosi, annunciavano a Labieno la vittoria. Appena questa notizia giunse anche ai Treviri, Induziomaro, che aveva deciso di porre l'assedio al campo di Labieno il giorno successivo, fugge durante la notte e riconduce nel paese dei Treviri tutte le truppe. Cesare rimandò Fabio e la sua legione nei loro quartieri invernali; quanto a lui, decise di svernare con tre legioni dislocate in tre diversi accampamenti nei dintorni di Samarobriva e, visto che in Gallia si erano verificate tante sommosse, decise di trattenersi personalmente per tutto l'inverno presso l'esercito. Infatti, diffusasi la notizia della disfatta e della morte di Sabino, quasi tutte le nazioni della Gallia parlavano di guerra, inviavano messaggeri e ambascerie in tutte le direzioni, si informavano sulle decisioni degli altri e su chi per primo avrebbe dato inizio al conflitto, riunendosi di notte in località disabitate. Non vi fu un momento per quasi tutto l'inverno in cui Cesare potesse stare tranquillo, in cui non ricevesse la notizia di una riunione o di una sollevazione di Galli. Fu informato tra l'altro dal questore Lucio Roscio, cui aveva assegnato la XIII legione, che ingenti truppe di Galli delle nazioni dell'Armorica si erano radunate per assediarlo, e che non si trovavano a più di otto miglia dai suoi quartieri invernali quando, raggiunti dalla notizia della vittoria di Cesare, si erano allontanati, tanto che la loro partenza sembrava piuttosto una fuga.
   
54. At Caesar principibus cuiusque civitatis ad se evocatis alias territando, cum se scire quae fierent denuntiaret, alias cohortando magnam partem Galliae in officio tenuit. Tamen Senones, quae est civitas in primis firma et magnae inter Gallos auctoritatis, Cavarinum, quem Caesar apud eos regem constituerat, cuius frater Moritasgus adventu in Galliam Caesaris cuiusque maiores regnum obtinuerant, interficere publico consilio conati, cum ille praesensisset ac profugisset, usque ad fines insecuti regno domoque expulerunt et, missis ad Caesarem satisfaciendi causa legatis, cum is omnem ad se senatum venire iussisset, dicto audientes non fuerunt. Tantum apud homines barbaros valuit esse aliquos repertos principes inferendi belli tantamque omnibus voluntatum commutationem attulit, ut praeter Aeduos et Remos, quos praecipuo semper honore Caesar habuit, alteros pro vetere ac perpetua erga populum Romanum fide, alteros pro recentibus Gallici belli officiis, nulla fere civitas fuerit non suspecta nobis. Idque adeo haud scio mirandumne sit, cum compluribus aliis de causis, tum maxime quod ei, qui virtute belli omnibus gentibus praeferebantur, tantum se eius opinionis deperdidisse ut a populo Romano imperia perferrent gravissime dolebant. 54. Cesare allora, chiamati presso di sé i capi di ciascuna nazione, ora con l'intimorirli, dichiarando di essere al corrente dei loro piani, ora col persuaderli, mantenne sottomessa gran parte della Gallia. Tuttavia, i Senoni, un popolo tra i più potenti e di maggior prestigio della Gallia, tentarono di eliminare, a seguito di una pubblica deliberazione, Cavarino, che Cesare aveva fatto loro re, come prima del suo arrivo in Gallia lo era stato il fratello Moritasgo e prima ancora i suoi antenati; quando Cavarino, accortosene, fuggi, lo inseguirono fino ai confini e lo scacciarono dal paese e dal regno; in seguito inviarono a Cesare una legazione per giustificare la loro condotta, e avendo Cesare ordinato all'intero senato di presentarsi, non obbedirono. Il fatto che vi fossero dei capi disposti ad aprire le ostilità, fece una così grande impressione su quegli uomini barbari da indurre ad un tale generale mutamento d'intenti che, tranne gli Edui e i Remi, che Cesare aveva sempre tenuto in particolare considerazione, gli uni per l'antica e costante fedeltà al popolo romano, gli altri per i recenti servigi resi durante la guerra gallica, quasi tutte le nazioni ci dettero motivo di sospettare. Non so se ci si debba meravigliare di un fatto del genere, considerando che, tra i molti altri motivi di scontento, uno soprattutto estremamente li angustiava: essere stati a tutti superiori in virtù guerriere e aver tanto perduto di quella reputazione, da sopportare ora il dominio del popolo romano.
   
55. Treveri vero atque Indutiomarus totius hiemis nullum tempus intermiserunt, quin trans Rhenum legatos mitterent, civitates sollicitarent, pecunias pollicerentur, magna parte exercitus nostri interfecta multo minorem superesse dicerent partem. Neque tamen ulli civitati Germanorum persuaderi potuit, ut Rhenum transiret, cum se bis expertos dicerent, Ariovisti bello et Tencterorum transitu: non esse amplius fortunam temptaturos. Hac spe lapsus Indutiomarus nihilo minus copias cogere, exercere, a finitimis equos parare, exules damnatosque tota Gallia magnis praemiis ad se allicere coepit. Ac tantam sibi iam his rebus in Gallia auctoritatem comparaverat ut undique ad eum legationes concurrerent, gratiam atque amicitiam publice privatimque peterent. 55. I Treviri e Induziomaro, poi, non smisero mai, per tutto l'inverno, di inviare emissari al di là del Reno e sobillare le popolazioni germaniche e promettere danaro, sostenendo che il nostro esercito aveva subito molte perdite e che era ormai ridotto a meno della metà. Non riuscì tuttavia a convincere nemmeno una delle nazioni germaniche a passare i Reno: dicevano di averne fatto la prova per ben due volte, con la guerra di Ariovisto e con la migrazione dei Tencteri e non avevano intenzione di tentare ancora la sorte. Nonostante avesse perduta questa speranza, Induziomaro si dette egualmente a raccogliere truppe, per addestrarle, a procurarsi cavalli dalle popolazioni vicine e a richiamare presso di sé, con grandi ricompense, esuli e condannati da tutta la Gallia. Con queste azioni si era procurato una tale autorità che da ogni parte si recavano presso di lui legazioni a chiedergli di stringere legami di amicizia, sia in veste ufficiale che a titolo personale.