36. Cicero, qui omnes superiores dies praeceptis Caesaris cum summa diligentia milites in castris continuisset ac ne calonem quidem quemquam extra munitionem egredi passus esset, septimo die diffidens de numero dierum Caesarem fidem servaturum, quod longius progressum audiebat, neque ulla de reditu eius fama adferebatur, simul eorum permotus vocibus, qui illius patientiam paene obsessionem appellabant, siquidem ex castris egredi non liceret, nullum eiusmodi casum exspectans, quo novem oppositis legionibus maximoque equitatu dispersis ac paene deletis hostibus in milibus passuum tribus offendi posset, quinque cohortes frumentatum in proximas segetes mittit, quas inter et castra unus omnino collis intererat. Complures erant ex legionibus aegri relicti; ex quibus qui hoc spatio dierum convaluerant, circiter CCC, sub vexillo una mittuntur; magna praeterea multitudo calonum, magna vis iumentorum, quae in castris subsederant, facta potestate sequitur. 36. Cicerone, in tutti i giorni precedenti, si era attenuto scrupolosamente alle disposizioni di Cesare trattenendo i soldati nell'accampamento senza permettere a nessuno, nemmeno ai caloni, di uscire dalle fortificazioni. Ma il settimo giorno cominciò a dubitare del ritorno di Cesare entro il tempo previsto, poiché aveva saputo che si era spinto molto lontano e non correvano voci di un suo imminente rientro e, al tempo stesso, era turbato dalle dicerie di coloro che definivano il suo atteggiamento paziente simile a uno stato d'assedio. Allora, per quanto non fosse concesso a nessuno di uscire dal campo, non credendo che nel raggio di tre miglia si potesse verificare un'aggressione da parte di un nemico disperso e quasi annientato, il quale sapeva di avere di fronte nove legioni con quasi tutta la cavalleria, manda cinque coorti a tagliare il frumento nei campi vicini, che solo un colle separava dall'accampamento. Erano rimasti ad Atuatuca molti ammalati, provenienti da diverse legioni; quelli che durante questo periodo erano guariti, che erano circa trecento, riuniti in un reparto, vengono mandati con le coorti; ottengono il permesso di seguirle anche moltissimi caloni con una gran quantità di animali da soma, che erano rimasti al campo.
   
37. Hoc ipso tempore et casu Germani equites interveniunt protinusque eodem illo, quo venerant, cursu ab decumana porta in castra irrumpere conantur, nec prius sunt visi obiectis ab ea parte silvis, quam castris appropinquarent, usque eo ut qui sub vallo tenderent mercatores recipiendi sui facultatem non haberent. Inopinantes nostri re nova perturbantur, ac vix primum impetum cohors in statione sustinet. Circumfunduntur ex reliquis hostes partibus, si quem aditum reperire possent. Aegre portas nostri tuentur, reliquos aditus locus ipse per se munitioque defendit. Totis trepidatur castris, atque alius ex alio causam tumultus quaerit; neque quo signa ferantur neque quam in partem quisque conveniat provident. Alius iam castra capta pronuntiat, alius deleto exercitu atque imperatore victores barbaros venisse contendit; plerique novas sibi ex loco religiones fingunt Cottaeque et Tituri calamitatem, qui in eodem occiderint castello, ante oculos ponunt. Tali timore omnibus perterritis confirmatur opinio barbaris, ut ex captivo audierant, nullum esse intus praesidium. Perrumpere nituntur seque ipsi adhortantur, ne tantam fortunam ex manibus dimittant. 37. Caso volle che, proprio in quel momento, sopraggiungesse la cavalleria germanica che, immediatamente, senza nemmeno rallentare l'andatura, tenta un'irruzione dalla porta decumana. Non era stato possibile avvistarli prima che si avvicinassero al campo, perché, da quella parte, rimanevano nascosti dalle foreste, al punto che i mercanti accampati sotto il vallo non ebbero il tempo di rifugiarsi all'interno . I nostri, che non se l'aspettavano, rimangono sconcertati dall'evento inatteso e a stento la coorte di guardia sostiene il primo assalto. I nemici si sparpagliano tutt'intorno alla ricerca di una via d'accesso. A fatica i nostri difendono le porte, la conformazione del luogo e le fortificazioni proteggono gli altri accessi. C'è scompiglio in tutto il campo, ci si domanda l'un l'altro la causa del tumulto, non si provvede a comunicare in quale direzione debbano essere volte le insegne, ne dove ciascuno debba prendere posto. C'è chi afferma che il campo è stato già preso, chi dice invece che i barbari arrivano da vincitori dopo aver distrutto l'esercito e ucciso il generale. La maggior parte s'inventa nuove superstizioni a proposito del luogo e si rievoca la disfatta di Cotta e Titurio, che erano caduti in quella stessa fortezza. Presi dal panico come erano, rafforzano nei barbari l'opinione che, come avevano saputo dal prigioniero, non vi sia all'interno nessun presidio. Cercano quindi di sfondare, incitandosi a vicenda a non lasciarsi scap­pare dalle mani una tale ricchezza.
   
38. Erat aeger cum praesidio relictus Publius Sextius Baculus, qui primum pilum ad Caesarem duxerat, cuius mentionem superioribus proeliis fecimus, ac diem iam quintum cibo caruerat. Hic diffisus suae atque omnium saluti inermis ex tabernaculo prodit: videt imminere hostes atque in summo esse rem discrimine: capit arma a proximis atque in porta consistit. Consequuntur hunc centuriones eius cohortis quae in statione erat: paulisper una proelium sustinent. Relinquit animus Sextium gravibus acceptis vulneribus: aegre per manus tractus servatur. Hoc spatio interposito reliqui sese confirmant tantum, ut in munitionibus consistere audeant speciemque defensorum praebeant. 38. Era stato lasciato nel presidio, malato, Publio Sestio Baculo, che era stato centurione primipilo sotto Cesare, del quale abbiamo fatto menzione a proposito delle precedenti battaglie, ed erano già quattro giorni che non prendeva cibo. Questi, preoccupato per la propria e per la comune salvezza, esce inerme dalla tenda, vede che i nemici ci sono addosso e che la situazione e gravissima, afferra le armi da chi gli stava accanto e si piazza davanti alla porta. I centurioni della coorte di guardia lo seguono e, per un po', tutti insieme, reggono all'assalto. Ferito gravemente, Sestio perde i sensi e, trascinato a fatica a braccia, svenuto, viene messo in salvo. Nel frattempo gli altri prendono coraggio quanto basta per prendere posizione sulle fortificazioni e dare almeno l'impressione di essere dei difensori.
   
39. Interim confecta frumentatione milites nostri clamorem exaudiunt: praecurrunt equites; quanto res sit in periculo cognoscunt. Hic vero nulla munitio est quae perterritos recipiat: modo conscripti atque usus militaris imperiti ad tribunum militum centurionesque ora convertunt; quid ab his praecipiatur exspectant. Nemo est tam fortis quin rei novitate perturbetur. Barbari signa procul conspicati oppugnatione desistunt: redisse primo legiones credunt, quas longius discessisse ex captivis cognoverant; postea despecta paucitate ex omnibus partibus impetum faciunt. 39. Intanto, terminata la mietitura, i nostri soldati odono le grida, la cavalleria corre avanti e si rende conto di quanto sia grave il pericolo che stanno correndo. Ma qui non ci sono fortificazioni che possano accogliere uomini in preda al panico; da poco arruolati e inesperti della vita militare, volgono gli sguardi al tribuno dei soldati e ai centurioni in attesa di ordini. Nessuno ha tanto coraggio da non sentirsi turbato da una situazione così inattesa: i barbari, avvistate da lontano le insegne, abbandonano l'assedio; in un primo momento pensano che siano tornate le legioni che, stando alle informazioni avute dai prigionieri, erano partite; poi, vista l'inconsistenza delle forze, attaccano da ogni lato.
   
40. Calones in proximum tumulum procurrunt. Hinc celeriter deiecti se in signa manipulosque coniciunt: eo magis timidos perterrent milites. Alii cuneo facto ut celeriter perrumpant censent, quoniam tam propinqua sint castra, et si pars aliqua circumventa ceciderit, at reliquos servari posse confidunt; alii, ut in iugo consistant atque eundem omnes ferant casum. Hoc veteres non probant milites, quos sub vexillo una profectos docuimus. Itaque inter se cohortati duce Gaio Trebonio, equite Romano, qui eis erat praepositus, per medios hostes perrumpunt incolumesque ad unum omnes in castra perveniunt. Hos subsecuti calones equitesque eodem impetu militum virtute servantur. At ei qui in iugo constiterant, nullo etiam nunc usu rei militaris percepto neque in eo quod probaverant consilio permanere, ut se loco superiore defenderent, neque eam quam prodesse aliis vim celeritatemque viderant imitari potuerunt, sed se in castra recipere conati iniquum in locum demiserunt. Centuriones, quorum nonnulli ex inferioribus ordinibus reliquarum legionum virtutis causa in superiores erant ordines huius legionis traducti, ne ante partam rei militaris laudem amitterent, fortissime pugnantes conciderunt. Militum pars horum virtute summotis hostibus praeter spem incolumis in castra pervenit, pars a barbaris circumventa periit. 40. 1 caloni corrono sul più vicino rialzo. Subito scacciati da lì, si precipitano tra le insegne e i manipoli, seminando un panico ancora maggiore tra i soldati già atterriti. Alcuni propongono di disporsi a cuneo  e di aprirsi rapidamente un varco, considerata l'estrema vicinanza dell'accampamento; ed anche se una parte di loro, accerchiata, avesse dovuto soccombere, gli altri avrebbero potuto salvarsi; altri propongono dì attestarsi sul colle e di affrontare tutti la stessa sorte. I veterani, che come abbiamo spiegato formavano un reparto, non sono di questo parere e, incitandosi tra loro, guidati da Gaio Trebonio, cavaliere romano, che aveva il comando, operano uno sfondamento attraverso le linee nemiche e, incolumi fino all'ultimo, raggiungono l'accampamento. I cavalieri e i caloni che si erano precipitati dietro di loro nella stessa carica, si salvano grazie al valore dei soldati. Ma quelli che si erano attestati sul colle, privi fino a quel momento di ogni esperienza militare, non riuscirono nemmeno a perseverare nel piano che avevano stabilito, cioè difendersi sull'altura, né riuscirono ad imitare il coraggio e la rapidità dalla quale avevano visto gli altri trarre vantaggio ma, nel tentativo di mettersi in salvo nell'accampamento, finirono col trovarsi di posizione sfavorevole. I centurioni, molti dei quali erano passati di grado dagli ordini inferiori delle altre legioni agli ordini superiori di questa per il loro valore, per non perdere il riconoscimento militare che si erano conquistati, caddero combattendo da prodi. Una parte dei soldati, mentre i nemici venivano respinti grazie alla valorosa azione dei centurioni, giunse incolume al campo, contro ogni aspettativa; gli altri vennero circondati dai barbari e sterminati.