41. Caesar nuntiis ad civitatem Aeduorum missis, qui suo beneficio conservatos docerent quos iure belli interficere potuisset, tribusque horis noctis exercitui ad quietem datis castra ad Gergoviam movit. Medio fere itinere equites a Fabio missi, quanto res in periculo fuerit, exponunt. Summis copiis castra oppugnata demonstrant, cum crebro integri defessis succederent nostrosque assiduo labore defatigarent, quibus propter magnitudinem castrorum perpetuo esset isdem in vallo permanendum. Multitudine sagittarum atque omnis generis telorum multos vulneratos; ad haec sustinenda magno usui fuisse tormenta. Fabium discessu eorum duabus relictis portis obstruere ceteras pluteosque vallo addere et se in posterum diem similemque casum apparare. His rebus cognitis Caesar summo studio militum ante ortum solis in castra pervenit. 41. Cesare, inviati messaggeri agli Edui per comunicare che, per la sua benevolenza, erano stati lasciati in vita uomini che per diritto di guerra avrebbe potuto uccidere, concede tre ore di riposo durante la notte all'esercito e muove verso Gergovia. A metà strada, dei cavalieri mandati da Fabio gli riferiscono in che grande pericolo si trovi il campo: sono stati assaliti da ingenti forze nemiche, che, continuamente rimpiazzate da forze fresche, tengono i nostri impegnati in uno sforzo ininterrotto, dato che, per l'ampiezza del campo, tutti sono costretti a rimanere sul vallo, senza potersi dare il cambio. Molti erano stati feriti da una grande quantità di frecce e proiettili d'ogni genere; le macchine da guerra erano state di grande utilità per resistere all'attacco. Quando erano venuti via, Fabio aveva fatto ostruire tutte le porte tranne due, aveva fatto mettere dei parapetti sul vallo e si preparava ad affrontare, l'indomani, un'altra giornata come la precedente. A queste notizie, Cesare affrettò la marcia e, grazie all'estremo impegno dei soldati, giunse al campo prima dell'alba
   
42. Dum haec ad Gergoviam geruntur, Aedui primis nuntiis ab Litavicco acceptis nullum sibi ad cognoscendum spatium relinquunt. Impellit alios avaritia, alios iracundia et temeritas, quae maxime illi hominum generi est innata, ut levem auditionem habeant pro re comperta. Bona civium Romanorum diripiunt, caedes faciunt, in servitutem abstrahunt. Adiuvat rem proclinatam Convictolitavis plebemque ad furorem impellit, ut facinore admisso ad sanitatem reverti pudeat. Marcum Aristium, tribunum militum, iter ad legionem facientem fide data ex oppido Cabillono educunt: idem facere cogunt eos, qui negotiandi causa ibi constiterant. Hos continuo (in) itinere adorti omnibus impedimentis exuunt; repugnantes diem noctemque obsident; multis utrimque interfectis maiorem multitudinem armatorum concitant. 42. Mentre questo accadeva a Gergovia, gli Edui, alle prime notizie ricevute da Litavicco, non si concedono nemmeno un attimo di riflessione. Sono spinti alcuni dall'avidità, altri dall'ira e dalla sconsideratezza, che è la caratteristica dominante della loro razza, al punto da considerare come dati certi delle vane dicerie. Saccheggiano i beni dei cittadini romani, menano strage, traggono in schiavitù. Convittolitave asseconda la piega presa dai fatti e spinge la plebe alla follia, per impedirle di tornare alla ragione una volta commesso il crimine. Fanno uscire dalla città di Cavillono  il tribuno dei soldati Marco Aristio, che era in viaggio per raggiungere la sua legione, dandogli la loro parola d'onore; costringono i Romani che si erano stabiliti nelle città per commerciare a fare lo stesso. Si erano appena messi in viaggio, quando li assalgono e li privano di tutti i bagagli; poiché resistevano, li assediano per un giorno e una notte; essendoci state molte perdite da ambedue le parti, chiamano alle armi un maggior numero d'uomini.
   
43. Interim nuntio allato omnes eorum milites in potestate Caesaris teneri, concurrunt ad Aristium, nihil publico factum consilio demonstrant; quaestionem de bonis direptis decernunt, Litavicci fatrumque bona publicant, legatos ad Caesarem sui purgandi gratia mittunt. Haec faciunt reciperandorum suorum causa; sed contaminati facinore et capti compendio ex direptis bonis, quod ea res ad multos pertinebat, timore poenae exterriti consilia clam de bello inire incipiunt civitatesque reliquas legationibus sollicitant. Quae tametsi Caesar intellegebat, tamen quam mitissime potest legatos appellat: nihil se propter inscientiam levitatemque vulgi gravius de civitate iudicare neque de sua in Aeduos benevolentia deminuere. Ipse maiorem Galliae motum exspectans, ne ab omnibus civitatibus circumsisteretur, consilia inibat quemadmodum ab Gergovia discederet ac rursus omnem exercitum contraheret, ne profectio nata ab timore defectionis similis fugae videretur. 43. In questo frangente arriva la notizia che tutti i loro soldati erano nelle mani di Cesare. Corrono tutti da Aristio, spiegano che quanto è accaduto non è frutto di una decisione governativa, ordinano un'inchiesta sul saccheggio dei beni, confiscano il patrimonio di Litavicco e dei suoi fratelli, mandano ambasciatori a Cesare per discolparsi. Il loro intento è quello di recuperare i loro soldati; ma, macchiati dalla colpa, conquistati dal guadagno fatto con il saccheggio, poiché molti vi avevano partecipato, atterriti dal timore della punizione, cominciano a consultarsi in segreto sull'opportunità di entrare in guerra e inviano ambascerie alle altre nazioni per coinvolgerle. Cesare, pur avendo capito la manovra, si rivolge agli ambasciatori con la maggior arrendevolezza possibile: non riteneva la nazione gravemente colpevole per l'ignoranza e la sconsideratezza del volgo e la sua benevolenza nei confronti degli Edui rimaneva invariata. Egli, da parte sua, poiché gi aspettava una più grave sollevazione della Gallia, per non trovarsi accerchiato da tutte le popolazioni galliche, pensava alla maniera di allontanarsi da Gergovia e riunire di nuovo tutto l'esercito, evitando però di far apparire la sua partenza, dovuta al timore della defezione, simile a una fuga.
   
44. Haec cogitanti accidere visa est facultas bene rei gerendae. Nam cum in minora castra operis perspiciendi causa venisset, animadvertit collem, qui ab hostibus tenebatur, nudatum hominibus, qui superioribus diebus vix prae multitudine cerni poterat. Admiratus quaerit ex perfugis causam, quorum magnus ad eum cotidie numerus confluebat. Constabat inter omnes, quod iam ipse Caesar per exploratores cognoverat, dorsum esse eius iugi prope aequum, sed hunc silvestrem et angustum, qua esset aditus ad alteram partem oppidi; huic loco vehementer illos timere nec iam aliter sentire, uno colle ab Romanis occupato, si alterum amisissent, quin paene circumvallati atque omni exitu et pabulatione interclusi viderentur: ad hunc muniendum omnes a Vercingetorige evocatos. 44. Mentre stava riflettendo sul problema, gli sembrò che si pre­sentasse l'occasione di portare a buon fine l'impresa. Essendosi infatti recato al campo minore per ispezionare i lavori, si accorse che l'altura occupata dai nemici era ora completamente sguarni­ta, mentre nei giorni precedenti a stento si poteva vedere, tanto era folta la guarnigione. Stupito, ne chiede il motivo ai disertori che, ogni giorno, in gran numero, si univano a lui. Furono tutti concordi nel dire - cosa che Cesare aveva già saputo dalle squadre di ricognizione - che il dorso di quella collina era quasi pianeg­giante, ma boscoso e stretto nella parte che conduceva all'altro lato della città; i nemici erano molto preoccupati per quella postazione ed erano ormai convinti che, visto che un colle era già stato occupato dai Romani, se avessero perduto anche l'altro si sarebbero trovati quasi circondati e sarebbe stata bloccata ogni via d'uscita e ogni possibilità di foraggiarsi. Vercingetorige aveva quindi richiamato tutti i soldati per fortificare quel colle.
   
45. Hac re cognita Caesar mittit complures equitum turmas; eis de media nocte imperat, ut paulo tumultuosius omnibus locis vagarentur. Prima luce magnum numerum impedimentorum ex castris mulorumque produci deque his stramenta detrahi mulionesque cum cassidibus equitum specie ac simulatione collibus circumvehi iubet. His paucos addit equites qui latius ostentationis causa vagarentur. Longo circuitu easdem omnes iubet petere regiones. Haec procul ex oppido videbantur, ut erat a Gergovia despectus in castra, neque tanto spatio certi quid esset explorari poterat. Legionem unam eodem iugo mittit et paulum progressam inferiore constituit loco silvisque occultat. Augetur Gallis suspicio, atque omnes illo ad munitionem copiae traducuntur. Vacua castra hostium Caesar conspicatus tectis insignibus suorum occultatisque signis militaribus raros milites, ne ex oppido animadverterentur, ex maioribus castris in minora traducit legatisque, quos singulis legionibus praefecerat, quid fieri velit ostendit: in primis monet ut contineant milites, ne studio pugnandi aut spe praedae longius progrediantur; quid iniquitas loci habeat incommodi proponit: hoc una celeritate posse mutari; occasionis esse rem, non proeli. His rebus expositis signum dat et ab dextra parte alio ascensu eodem tempore Aeduos mittit. 45. Saputo ciò, Cesare vi manda verso mezzanotte parecchi squadroni di cavalleria, con l'ordine di sparpagliarsi in tutte le direzioni facendo più rumore del solito. All'alba ordina di far uscire dall'accampamento un gran numero di animali da soma e muli, fa toglier loro i basti e ordina che i mulattieri, con gli elmi in testa, fingendo di essere cavalieri, si aggirino per le colline. Manda con loro anche pochi cavalieri, che si spingessero più lontano per farsi vedere. Ordina a tutti di dirigersi, facendo un largo giro, verso la stessa zona. Tutta questo movimento veniva notato dalla città, dato che da Gergovia si vedeva l'accampamento, senza che fosse tuttavia possibile, per la grande distanza, rendersi conto esattamente di cosa stesse accadendo . Cesare manda poi una legione lungo quello stesso crinale e, dopo averla fatta procedere per un po', la fa attestare più in basso, nascosta nella boscaglia. I Galli si insospettiscono ancora di più e mandano tutte le truppe a fortificare la postazione. Quando Cesare vede che il campo nemico si è svuotato, fa passare i soldati, pochi alla volta, dal campo maggiore al minore, avendo cura di far coprire gli ornamenti degli elmi e nascondere le insegne militari, per non farsi notare dalla città; spiega quindi il suo piano ai legati che aveva messo a capo di ciascuna legione. Raccomanda innanzi tutto di tenere a freno i soldati, perché non si allontanino troppo, trascinati dall'impeto della battaglia o dal desiderio di far bottino; spiega loro le difficoltà insite nella disparità della loro posizione, evitabili solo con la rapidità dell'azione: si trattava di un colpo di mano, non di uno scontro regolare. Date queste spiegazioni, dà il segnale e, nello stesso tempo, manda gli Edui sul fianco destro per un'altra salita.