51. Exceptus est Caesaris adventus ab omnibus municipiis et coloniis incredibili honore atque amore. Tum primum enim veniebat ab illo universae Galliae bello. Nihil relinquebatur quod ad ornatum portarum, itinerum, locorum omnium qua Caesar iturus erat excogitari poterat. Cum liberis omnis multitudo obviam procedebat, hostiae omnibus locis immolabantur, tricliniis stratis fora templaque occupabantur, ut vel exspectatissimi triumphi laetitia praecipi posset. Tanta erat magnificentia apud opulentiores, cupiditas apud humiliores. 51. L'arrivo di Cesare fu accolto da tutti i municipi e le colonie con incredibili manifestazioni di rispetto e di affetto. Vi giungeva infatti per la prima volta dopo la generale ribellione della Gallia. Nulla di quanto si poteva immaginare fu tralasciato, nell'intento di adornare porte e strade lungo il cammino di Cesare. L'intera popolazione, con i figli, gli andava incontro, si immolavano vittime dappertutto, fori e templi erano pieni di mense imbandite, si pote­va godere in anticipo la gioia di un trionfo atteso con impazienza: tanto grandi erano la magnificenza ostentata dai ricchi e l'entusiasmo mostrato dai poveri.
   
52. Cum omnes regiones Galliae togatae Caesar percucurrisset, summa celeritate ad exercitum Nemetocennam rediit legionibusque ex omnibus hibernis ad fines Treverorum evocatis eo profectus est ibique exercitum lustravit. T. Labienum Galliae togatae praefecit, quo maiore commendatione conciliaretur ad consulatus petitionem. Ipse tantum itinerum faciebat, quantum satis esse ad mutationem locorum propter salubritatem existimabat. Ibi quamquam crebro audiebat Labienum ab inimicis suis sollicitari certiorque fiebat id agi paucorum consiliis, ut interposita senatus auctoritate aliqua parte exercitus spoliaretur, tamen neque de Labieno credidit quidquam neque contra senatus auctoritatem ut aliquid faceret potuit adduci. Iudicabat enim liberis sententiis patrum conscriptorum causam suam facile obtineri. Nam C. Curio, tribunus plebis, cum Caesaris causam dignitatemque defendendam suscepisset, saepe erat senatui pollicitus, si quem timor armorum Caesaris laederet, et quoniam Pompei dominatio atque arma non minimum terrorem foro inferrent, discederet uterque ab armis exercitusque dimitteret: fore eo facto liberam et sui iuris civitatem. Neque hoc tantum pollicitus est, sed etiam sc. per discessionem facere coepit; quod ne fieret consules amicique Pompei iusserunt atque ita rem morando discusserunt. 52. Dopo aver percorso tutte le regioni della Gallia togata Cesare tornò con la massima velocità presso l'esercito a Nemetocenna e, richiamate tutte le legioni dai quartieri invernali nel territorio dei Treviri, vi si recò per passare in rassegna l'esercito. Diede a Tito Labieno il governo della Gallia togata, per sostenere con maggior forza la sua candidatura al consolato. Quanto a lui, si spostava solo quel tanto che gli sembrava utile per mantenere in forma le truppe. Sebbene qui gli giungessero delle voci secondo le quali i suoi avversari facevano pressioni su Labieno  e fosse informato che, per istigazione di alcuni, si cercava di provocare un intervento del senato per privarlo di una parte dell'esercito, tuttavia non volle dar credito a nessuna voce sul conto di Labieno né si lasciò indurre ad agire contro l'autorità del senato. Pensava infatti che, se i senatori si fossero pronunciati liberamente, egli avrebbe facilmente ottenuto il riconoscimento dei suoi diritti. Infatti, il tribuno della plebe Gaio Curione, essendosi fatto difensore della causa di Cesare e della sua dignità, aveva spesso chiesto al senato che, se qualcuno si sentiva minacciato dalla potenza militare di Cesare, poiché il potere assoluto e le truppe di Pompeo non destavano nel popolo una minore preoccupazione, rinunciassero am­bedue al comando militare e congedassero gli eserciti; ciò fatto, lo Stato sarebbe tornato libero e nel suo pieno diritto. Non si limitò soltanto a formulare questa richiesta, ma prese anche l'iniziativa di farla votare in senato; i consoli e gli amici di Pompeo ottennero che la votazione non si facesse e, in questo modo, con una manovra dilatoria, mandarono a vuoto il tentativo.
   
53. Magnum hoc testimonium senatus erat universi conveniensque superiori facto. Nam Marcellus proximo anno, cum impugnaret Caesaris dignitatem, contra legem Pompei et Crassi rettulerat ante tempus ad senatum de Caesaris provinciis, sententiisque dictis discessionem faciente Marcello, qui sibi omnem dignitatem ex Caesaris invidia quaerebat, senatus frequens in alia omnia transiit. Quibus non frangebantur animi inimicorum Caesaris, sed admonebantur quo maiores pararent necessitates, quibus cogi posset senatus id probare, quod ipsi constituissent. 53. Era questo un chiaro indizio della disposizione dell'intero senato, in accordo con un altro fatto accaduto precedentemente. Infatti, l'anno precedente, Marco Marcello, attaccando la posizio­ne di Cesare, in violazione di una legge di Pompeo e Crasso aveva portato in discussione al senato prima del tempo la questione delle province di Cesare e poiché, espressi i vari pareri, aveva messo la sua proposta ai voti, Marcello, che si aspettava dalla sua opposizione a Cesare il completo successo politico, vide il senato schierarsi con ampia maggioranza contro la sua proposta. Questi insuccessi non scoraggiavano i nemici di Cesare, ma li ammonivano soltanto a trovare mezzi più costrittivi con cui indurre il senato ad approvare quanto essi stessi avevano deciso.
   
54. Fit deinde senatus consultum, ut ad bellum Parthi cum legio una a Cn. Pompeio, altera a C. Caesare mitteretur; neque obscure duae legiones uni detrahuntur. Nam Cn. Pompeius legionem primam, quam ad Caesarem miserat, confectam ex delectu provinciae Caesaris, eam tamquam ex suo numero dedit. Caesar tamen, cum de voluntate minime dubium esset adversariorum suorum, Pompeio legionem remisit et suo nomine quintam decimam, quam in Gallia citeriore habuerat, ex senatus consulto iubet tradi. In eius locum tertiam decimam legionem in Italiam mittit quae praesidia tueretur, ex quibus praesidiis quinta decima deducebatur. Ipse exercitui distribuit hiberna: C. Trebonium cum legionibus quattuor in Belgio collocat, C. Fabium cum totidem in Aeduos deducit. Sic enim existimabat tutissimam fore Galliam, si Belgae, quorum maxima virtus, Aedui, quorum auctoritas summa esset, exercitibus continerentur. Ipse in Italiam profectus est. 54. In seguito, una delibera del senato stabilì che Gneo Pompeo e Gaio Cesare inviassero ciascuno una legione alla guerra contro i Parti: era chiaro che si volevano togliere due legioni ad uno solo. Pompeo, infatti, consegnò, come se fosse una delle sue legioni, la prima, quella inviata a Cesare, dopo averla arruolata nella provincia di Cesare stesso. Cesare tuttavia, sebbene non ci fosse alcun dubbio sulle intenzioni dei suoi avversari, restituì la legione a Pompeo e ordinò di consegnare da parte sua, in ottemperanza alle disposizioni del senato, la XV, che era di stanza in Gallia Citeriore. Al suo posto manda in Italia la XIII legione, a presidiare le postazioni lasciate scoperte dalla XV. Assegna dal canto suo all'esercito i quartieri invernali: colloca Gaio Trebonio con quattro legioni in Belgio e distacca Gaio Fabio con lo stesso numero di legioni nel paese degli Edui. Riteneva infatti che il mezzo migliore per garantire la sicurezza della Gallia era contenere con la presenza dell'esercito i Belgi, che erano i più valorosi e gli Edui che godevano del massimo prestigio. Egli partì per l'Italia.
   
55. Quo cum venisset, cognoscit per C. Marcellum consulem legiones duas ab se remissas, quae ex senatus consulto deberent ad Parthicum bellum duci, Cn. Pompeio traditas atque in Italia retentas esse. Hoc facto quamquam nulli erat dubium, quidnam contra Caesarem pararetur, tamen Caesar omnia patienda esse statuit, quoad sibi spes aliqua relinqueretur iure potius disceptandi quam belli gerendi. Contendit . . . 55. Al suo arrivo, seppe che le due legioni che aveva consegnato, e che, secondo la delibera del senato, erano destinate alla guerra contro i Parti, erano state passate dal console Gaio Marcello a Pompeo ed erano state trattenute in Italia. Dopo questo gesto, sebbene non si potesse più dubitare su ciò che si tramava contro Cesare, egli tuttavia decise di sopportare qualsiasi cosa, finché gli rimaneva una qualche speranza di risolvere il conflitto legalmente, piuttosto che facendo ricorso alle armi. Egli si sforzò...