V/VI. [Prometeo e l’inganno]


Verità e menzogna

Una volta Prometeo il vasaio della nuova epoca
con cura fine aveva fatto la Verità,
perché potesse rendere la giustizia tra gli uomini.
Improvvisamente chiamato da un araldo di Giove
affida la bottega al fallace Inganno,
che aveva preso da poco per l’apprendistato.
Costui acceso dall’impegno, con abile mano
plasmò una statua di simile aspetto, insieme simile
nella statura ed in tutte le membra, fin che ebbe tempo.
Essendo stato fatto tutto ciò ormai mirabilmente;
gli mancò l’argilla per fare i piedi.
Ritorna il maestro, turbato da questa paura Inganno
velocemente si mise al suo posto.
Ammirando Prometeo così grande somiglianza
volle che sembrasse merito della propria arte:
Così introdusse in fornace le due statue;
ed essendo esse cotte ed infuso lo spirito
la sacra Verità si mosse con passo moderato,
ma l’imitazione tronca si fermò sul suo passo.
Allora la falsa immagine e la fatica dell’opera furtiva
fu chiamata Menzogna, perché anch’io son d’accordo
chiaramente con quelli che dicono che non ha piedi.
Talvolta le cose finte inizialmente servono agli uomini,
ma col tempo tuttavia la stessa verità appare.