XVI. La cicala e la civetta


Chi non si adatta alla cortesia
per lo più paga il fio della superbia.
La cicala faceva un duro insulto alla civetta,
solita cercare il vitto nelle tenebre
e di giorno prendere sonno nel ramo cavo.
Fu pregata di tacere. Molto più forte riprese
a gridare. Di nuovo, presentata la preghiera,
si riaccese di più. La civetta, come vide che non
aveva nessun aiuto e le sue parole eran disprezzate,
affrontò la chiacchierona con questo inganno:
”Poiché i tuoi canti non mi lasciano dormire,
ho voglia che suonino la cetra quelli che diresti di Apollo;
bere il nettare, che poca fa mi diede Pallade;
se non di dispiace, vieni;
beviamo insieme.” Ella, che bruciava di sete,
insieme godeva che si lodasse la sua voce,
vogliosamente volò. La civetta, chiusa la cavità,
inseguì la trepidante e la colpì con la morte.
Così, quel che aveva rifiutato da viva, lo concesse da morta.