XXI. La volpe ed il drago


Una volpe scavando la tana mentre scava la terra
e fa troppo profondamente parecchi cunicoli,
giunge in fondo alla spelonca del drago,
che custodiva tesori nascosti.
Appena lo vide: “Prego anzitutto che tu conceda scusa
ll’imprudenza; poi se vedi bene
quanto non sia conveniente l’oro alla mia vita,
rispondi benignamente: quale frutto prendi da questa
fatica, o qualè il così grande premio
da mancare di sonno e passare la vita nelle tenebre?”
”Nessuno, dice quello, ma questo mi è stato assegnato
dal sommo Giove.” “Dunque né prendi per te
né dai qualcosa a qualcuno?” “ Così piacque ai Fati.”
”Non voglio che ti adiri, se avrò parlato liberamente:
è nato con dei irati chi è simile a te.”
Stando per andare la dove i primi andarono,
perché con mente cieca tormenti il misero spirito?
Ti dico, avaro, gioia del tuo erede,
che defraudi dell’incenso gli dei, te stesso del cibo,
che odi il suono musicale della triste cetra,
che il piacere dei flauti disgusta,
a cui i prezzi delle leccornie provocano pianto,
che mentre ammucchi soldi al patrimonio
stanchi il cielo col brutto giuramento,
che circoncidi ogni spesa del funerale,
perché Libitina (dea dei funerali) non abbia qualcosa di guaadagno dal tuo.